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Trimestrali 2019: non è tutto oro quello che luccica

Pubblicate la scorsa settimana le trimestrali delle principali tech company. Il quadro che emerge è piuttosto vario: se in quasi tutti i casi si può parlare di utili netti in crescita, in realtà i risultati dei primi tre mesi del 2019 meritano un’interpretazione più approfondita. Tra colpi di scena, cambi di rotta e politiche aggressive è chi punta sui servizi (Cloud) e sull’advertising online ad avere la meglio, con la presenza di Huawei che incombe.

Periodo movimentato per le cosiddette aziende FAANG – Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google – dopo la pubblicazione, avvenuta la scorsa settimana, dei risultati del primo trimestre fiscale del 2019.

Le avevamo lasciate nel Q4 2018 con diversi punti interrogativi, nuove sfide da affrontare e l’evidente necessità di modificare i propri modelli di business, cambiamento inevitabile soprattutto per la Apple che nel 2018 ha visto diminuire in modo significativo le vendite degli iPhone, per anni il suo fiore all’occhiello. Ebbene, il Q2 2019 dimostra che l’azienda di Cupertino sta mettendo in atto (non senza difficoltà) le strategie giuste: sebbene nel trimestre siano diminuite ulteriormente le entrate della componente hardware e, in particolare, degli iPhone (-17%) e dei Mac (-4,5%), sono aumentate le revenue derivanti dai servizi raggiungendo 11 miliardi di dollari contro i quasi 10 dello stesso periodo del 2018 (+16%) stabilendo, così, un nuovo record. In forte crescita anche la nuova categoria Wearable, Home/ Accessori in aumento, rispetto allo stesso periodo del 2018, del +30% per revenue che superano i 5 miliardi di dollari.

Va, tuttavia, precisato che la crescita dei wearable è stata favorita anche dall’andamento positivo del mercato degli smartwatch: secondo una ricerca condotta da Counterpoint le spedizioni degli smartwatch sono cresciute, nel primo trimestre 2019, del 48%; a contribuire a tale aumento sono state senz’altro le vendite di Apple Watch in crescita, rispetto al 2018, del 49%, portando, così, il colosso di Cupertino a detenere il 35,8% del mercato totale.

Il significativo aumento dei servizi non compensa, tuttavia, la riduzione della componente “Prodotti”, generando, così, un calo nel fatturato che diminuisce del 5% rispetto allo stesso trimestre del 2018, passando da 61 miliardi di dollari a 58. In calo anche gli utili che passano da 13,8 miliardi di dollari dello stesso trimestre dello scorso anno agli attuali 11,6 mld (-16,3%).

Resiste, invece, Facebook, nonostante i continui scandali sulla privacy e sul trattamento dei dati: nel Q1 2019 registra una crescita dei ricavi del +26% a 15 miliardi di dollari (rispetto ai 12 miliardi del primo trimestre 2018) e un aumento degli utenti attivi (sia quotidiani che mensili) dell’8% su base annua.

Segno negativo per l’utile netto, diminuito rispetto allo stesso trimestre del 2018 del 51%: la società ha precisato che il forte ribasso è stato dovuto all’accantonamento di una cifra compresa tra i 3 e i 5 miliardi di dollari in vista di una possibile maxi sanzione da parte della Federal Trade Commission per il caso Cambridge Analytica. Ad ogni modo a far sperare è l’aumento dei ricavi derivanti dalle entrate pubblicitarie che nel Q1 hanno raggiunto i 15 miliardi di dollari, in aumento del 26% rispetto all’anno precedente.

Utili record, invece, per Amazon toccando, da gennaio a marzo 2019, quota 3,6 miliardi di dollari, il doppio rispetto allo stesso periodo del 2018, quando si erano fermati a 1,63 miliardi di dollari. Tuttavia, il colosso di Jeff Bezos ha subito un rallentamento nella crescita dei ricavi (dovuto principalmente alle attività legate all’e-commerce) che hanno raggiunto 59,7 miliardi di dollari contro i 51 miliardi dell’anno prima (+ 17%): nello stesso periodo del 2018 l’incremento annuo era stato del 43%.

Crescita significativa, invece, per i ricavi da Cloud che hanno generato vendite trimestrali di 7,7 miliardi (+41%), con utili operativi aumentati del 59% a 2,22 miliardi e dell’advertising in crescita rispetto al 2018 del 34% a 2,7 miliardi di dollari di entrate. Secondo Agi la voce AWS, pur pesando sul fatturato globale Amazon per il 13%, rappresenta già oggi il 50% degli utili.

È proprio la crescita dei ricavi da advertising in Facebook e Amazon a preoccupare Google, da sempre il primo player sul mercato della pubblicità online: i ricavi di Google dalla pubblicità raggiungono, per i primi 3 mesi del 2019, 30,7 miliardi di dollari, pari all’85% del fatturato totale dell’azienda. La crescita del 15% rispetto allo stesso periodo del 2018 (quando i ricavi dall’advertising erano di 26 miliardi) rappresenta il ritmo più lento negli ultimi quattro anni e al di sotto della crescita media del 21% avvenuta nei precedenti otto trimestri. Anche le altre voci della trimestrale deludono il mercato: le entrate, a 36,3 miliardi di dollari, crescono, rispetto al 2018, del 17% il ritmo trimestrale più basso negli ultimi tre anni e ben lontano dai ritmi di crescita del 26% registrati lo scorso anno.

Per Big G la crescita più significativa è quella relativa al Cloud, anche se la quota di mercato resta minoritaria rispetto ai big del settore come Amazon AWS e Microsoft Azure: in crescita del 25% rispetto allo stesso trimestre del 2018 per oltre 5 miliardi di dollari di revenue.

Superano le attese, infine, i dati pubblicati nella trimestrale di Netflix: il colosso dello streaming ha evidenziato un utile a 344 milioni di dollari (+19%), revenue a 4,52 miliardi (+22%), abbonati di +9,6 milioni (+16%). A placare l’entusiasmo, tuttavia, l’outlook per il Q2 2019 per cui sono previsti utili per azione pari a 55 centesimi (contro i 0,99 centesimi attesi) e un incremento di 5 milioni di nuovi utenti (invece di 6,09).

Le trimestrali dei primi tre mesi del 2019 mostrano, quindi, un duplice scenario: da una parte l’acquisita consapevolezza da parte di alcune aziende (Apple soprattutto) del bisogno di intraprendere nuovi percorsi orientando il proprio business su differenti tipologie di offerte, dall’altra “colpi di scena”, come nel mercato dell’advertising online dove la posizione (finora) privilegiata di Google appare minacciata da Facebook, quasi per niente “indebolito” dalle vicende che lo hanno travolto. In questo scenario non va, inoltre, dimenticata la presenza di Huawei che nel primo trimestre di quest’anno ha addirittura superato Apple nella vendita di smartphone diventando, così, il secondo produttore al mondo, dopo Samsung.

A quanto pare i dati del Q1 2019 hanno chiarito soltanto in parte alcuni dei dubbi emersi durante il 2018: nuove speranze vengono, dunque, riposte nelle prossime trimestrali.

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