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Data Monetization: le linee guida per affrontare il cambiamento

A cura di Giuseppe ColomboThe Innovation Group

Ogni organizzazione che vuole avere successo nella trasformazione digitale deve imparare a gestire e ad analizzare i flussi di dati che sono generati dai processi interni e dell’ecosistema circostante.
Le opportunità offerte dalla proliferazione dei dati digitali sono molteplici: l’ottimizzazione del processo di decision-making, la creazione di nuovi prodotti e servizi che incontrino i bisogni dell’utente e la personalizzazione della customer experience. Oltre alle opportunità di monetizzazione interna, le imprese possono optare per la monetizzazione esterna dei dati che hanno generato (e di cui è proprietaria) utilizzandoli come veri e propri asset di scambio.

Nel corso del Digital Entreprise Forum di Milano, promosso da The Innovation Group sono stati discussi alcuni dei quesiti più importanti riguardanti le modalità di gestione e analisi dei dati aziendali. Dalla discussione e dallo scambio di esperienze sono emersi dei punti in comune nella definizione delle best practice:

  1. Qualsiasi utilizzo dei dati deve essere sempre allineato agli obiettivi concreti del business. Bisogna sempre chiedersi se gli obiettivi proposti vadano nella direzione di creare più valore per l’impresa e per i suoi clienti. Per esempio, una profilazione estrema con finalità promozionali potrebbe creare un fastidio nel cliente invece che generare valore. Una valutazione costi/benefici è sempre necessaria, considerando tra i benefeci anche quelli indiretti derivanti dalla creazione di competenze interne all’impresa.
  2. Non esiste un paradigma tecnologico unico per la gestione dei Big Data. L’implementazione di soluzioni deve essere valutata caso per caso, a seconda sempre del settore e del modello di business dell’impresa. L’utilizzo dei dati nel settore Oil and Gas, prevalentemente legato a simulazioni relative all’attività esplorativa oppure all’analisi dei rischi collegati alla variazione del prezzo del petrolio, per esempio, è diverso da quello del settore assicurativo, collegato alla profilazione degli utenti e del loro livello di rischio.
  3. La figura del data scientist è nuova ed è caratterizzata da forti competenze matematiche e statistiche, conoscenza delle tematiche economiche e di business e da una spiccata curiosità e apertura mentale. Per questo motivo, è piuttosto difficile trovare figure già formate e pronte a svolgere tale attività. Le imprese hanno quindi optato per costruire internamente i profili necessari, partendo dalla ricerca di candidati con elevate capacità quantitative e analitiche, nello specifico PhD in matematica, fisica o statistica (STEM graduates), per poi realizzare internamente l’attività di training sulle discipline economiche e di business legate allo specifico settore in cui opera l’impresa.
  4. Istituzione della funzione di Chief Data Officier (CDO). Il CDO è messo a capo di una funzione referente direttamente al CEO ed è ha capo di una struttura che ha principalmente due indirizzi: Data Governance e Data Science. La funzione di Data Governance si occupa di gestione dei flussi informativi, Data Policy e sicurezza. La funzione di Data Science esegue operazioni di ricerca e analisi dei dati per far emergere informazioni di business intelligence.
  5. C’è ancora molta incertezza su come utilizzare i dati. L’azione di analisi indipendente non è sufficiente ad apportare valore per l’impresa. Gli insight devono essere seguiti da azioni concrete. Per questo motivo è essenziale il sostegno all’operazione di ricerca da parte del top management. Inoltre, nonostante l’integrazione e le partnership tra imprese per lo scambio dei dati possono contribuire ad accrescerne il loro valore potenziale, è necessario definire dettagliatamente le condizioni per evitare effetti collaterali legati alla reputazione dell’impresa dovuti ad un utilizzo scorretto dei dati da parte del partner.
  6. Oltre all’aspetto tecnico e tecnologico, è essenziale non sottovalutare l’aspetto culturale del cambiamento. La trasformazione digitale dell’organizzazione deve essere prima di tutto culturale. Per questo l’investimento in tecnologia deve essere accompagnato da un programma di change management e formazione digitale.

In conclusione, alla luce di un breve sondaggio realizzato tra i partecipanti al termine dell’incontro, è emerso come l’adozione di soluzioni di big data analytics è limitata, principalmente a causa delle difficoltà che le imprese hanno nel definire le opportunità offerte. Inoltre, giustificare l’investimento per mezzo di un business plan tradizionale risulta essere molto complesso e si rischia di sottostimare elementi di costo o beneficio che sono difficilmente misurabili. L’aspetto finanziario è risultato invece poco rilevante. Infatti, quando l’investimento in big data analytics è giustificato da benefici chiari per l’organizzazione, le imprese hanno dichiarato di non avere difficoltà nel reperire i mezzi finanziai necessari per finanziare l’operazione.

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