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Il “ritorno al futuro” basta alle banche?

N.  Luglio 2018
        

a cura di Ezio Viola 
Managing Director, The Innovation Group 

 

Il 2017 è stato l’anno della “resa dei conti” ma anche un anno record di utili per molte banche italiane (che sta continuando anche nei primi mesi del 2018) , complessivamente le principali banche, con una quota di mercato superiore al 75%, ha fatto registrare un utile complessivo di oltre 14 miliardi di euro, a fronte delle perdite dell’anno precedente che superavano i 16 miliardi di euro.

Il 2018 deve quindi essere l’anno del consolidamento del rilancio della creazione di valore per tutti gli stakeholders con strategie che non guardino al futuro cercando un passato che non arriverà mai più perché il futuro delle banche non sarà più quello di una volta.

Molte banche stanno rimettendo in sesto la macchina e distribuiscono dividendi, hanno rafforzato i bilanci dopo gli anni orribili della crisi, ma Il livello di redditività non ha tuttora raggiunto un livello soddisfacente rispetto ai concorrenti europei.  Nell’ultima Relazione della Banca d’Italia viene evidenziato: “Nel 2017 la redditività delle banche e dei gruppi italiani è tornata a essere positiva, il ROE è stato pari al 4,1 per cento. Il miglioramento è dovuto principalmente alle minori rettifiche su crediti e il risultato di gestione è aumentato del 13,8 per cento, principalmente per la riduzione dei costi (-5,5 per cento).  Il rapporto tra costi operativi e margine di intermediazione è diminuito di oltre quattro punti percentuali, al 69,2 per cento che resta però elevato (6,5 punti in più) nel confronto internazionale.  Il margine di intermediazione è rimasto sostanzialmente stabile rispetto al 2016 e l’incremento delle commissioni (6,3 per cento), derivante in larga parte dal collocamento di prodotti del risparmio gestito, ha compensato la lieve diminuzione del margine di interesse (-0,9 per cento). I ricavi rimangono su valori di gran lunga inferiori a quelli precedenti la crisi finanziaria: rispetto al 2008 sono diminuiti del 26,1 per cento al netto degli effetti dell’inflazione e di 0,3 punti percentuali in rapporto agli attivi. Tra il 2008 e il 2017 le banche italiane hanno in parte compensato la forte riduzione del margine di interesse con un incremento dei ricavi da commissione, la cui quota sul margine di intermediazione è salita dal 30,1 al 37,8 per cento. Sono aumentati soprattutto i proventi da vendita di prodotti assicurativi, collocamento titoli, tenuta e gestione dei conti correnti, mentre sono scesi quelli relativi ai servizi di negoziazione.”

La struttura dell’industria bancaria italiana sta via ancora consolidandosi e alleggerendo ma non basta. A fine 2017 il settore bancario è costituito da 113 banche incluse in 60 gruppi bancari, 347 banche non appartenenti a gruppi e 78 filiali di banche estere, e ai gruppi significativi era riconducibile il 74 per cento del totale delle attività degli intermediari italiani. Le banche di credito cooperativo rimangono la categoria più numerosa (280 unità) tra le banche non appartenenti a gruppi. Nel corso del 2017 il numero di sportelli bancari è diminuito del 5,7 per cento a circa 27.300 unità. Secondo i piani industriali dei gruppi bancari nel 2018 si avrebbe una riduzione di entità analoga. In Italia il numero medio di sportelli bancari ogni 10.000 abitanti, pari a 4,8 nel 2016, è superiore alla media dell’area dell’euro (4,4), ma inferiore ai valori di Francia (5,6) e Spagna (6,2).

I primi cinque gruppi bancari hanno intrapreso da appena dopo la crisi un percorso di razionalizzazione della presenza territoriale, le altre banche hanno ridotto sensibilmente il numero complessivo di sportelli solo dal 2013. Parallelamente è proseguita la diffusione dei canali distributivi digitali; la quota di famiglie che può accedere al proprio conto di deposito attraverso questa modalità ha raggiunto il 65,9 per cento, di cui quasi il 90 per cento può farlo con funzioni dispositive, in entrambi i casi si hanno comunque percentuali più basse rispetto alla media europea.

Le banche sono però dotate di un grande patrimonio informativo sui propri clienti che devono ancora imparare a utilizzare non tanto per innalzare barriere alla concorrenza di altri nuovi operatori, in una sterile difesa delle proprie posizioni, ma valorizzarlo con l’utilizzo delle tecnologie digitali oggi a disposizione (Analytics e AI) per offrire nuovi servizi. Occorre che esse adottino strategie incisive per affrontare le sfide poste dallo sviluppo della tecnologia, dalle pressioni concorrenziali, dai nuovi approcci alla regolamentazione e alla supervisione bancaria e utilizzare le tecnologie non solo per contenere le spese amministrative e il costo del personale, ma per diversificare le fonti di reddito.

Trovare nuovi servizi a valore, semplificare la relazione con la clientela retail sempre più esigente e meno fedele, adottare nuovi modelli di servizio per il lending a privati e alle imprese: queste sono le sfide in una economia in ripresa, dove è urgente differenziarsi.

Il contesto regolatorio (PSD2, MIFID2, Basilea3, GDPR, etc.), gli ulteriori passi (troppo lenti) verso il mercato unico dei capitali, il processo di concentrazione a livello europeo e che ripartire quasi probabilmente per le banche medie anche in Italia, impongono forti elementi di discontinuità e di gestione del rischio, che saranno più pesanti ma  che aprono anche opportunità che l’industria bancaria deve saper cogliere.

Le banche devono rivolgere il loro focus manageriale e investire sul futuro, non solo quello immediato per consolidare l’efficienza operativa, ma individuare innovative strategie di sviluppo e crescita della linea dei ricavi e della redditività con l’utilizzo pervasivo e intensivo del digitale.

Le nuove tecnologie accrescono la produttività e ampliano le possibilità di scelta degli utenti, ma è anche necessario porre la dovuta attenzione alle possibili conseguenze negative dei danni causati dagli attacchi informatici che possono trascendere la dimensione individuale e assumere rilevanza sistemica. Anche la diffusione non controllata di “cripto-attività”,  secondo le Banche centrali,  può comportare rischi per la protezione del consumatore e favorire attività illecite e in prospettiva, può costituire una minaccia per la stabilità finanziaria.

In ogni caso il futuro delle banche non può essere un ritorno a modelli del  passato, perché i fattori di redditività e di competizione sono radicalmente diversi e più veloci.

La domanda in cerca di risposte a medio-lungo termine è se la banca come “specie” nata per fare “banking” non sia davanti ad una metamorfosi vera e propria, piuttosto che ad una evoluzione verso quello che sarà il modo di fare banking di domani.  Evoluzioni e metamorfosi di altre specie (Fintech, Big-Tech OTT, nuovi concorrenti esteri, società tecnologiche, etc.) sono già in corso per offrire servizi finanziari e aggredire quasi tutti i segmenti della catena del valore dell’industria bancaria. Fare banca guardando e agendo al futuro, cavalcando con intelligenza la rivoluzione digitale in atto richiede sempre più visione ed execution non convenzionali e questo sarà il focus del nostro prossimo Banking Summit del 4-5 Ottobre a Stresa.

 

 

 

 

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