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Smart Working: un nuovo modello organizzativo

N. Settembre 2020

a cura di Vincenzo D’Appollonio
Partner, The Innovation Group

 

In questi ultimi tempi sentiamo spesso parlare di smart working come una delle misure per contrastare la diffusione della pandemia Covid-19, partendo dal mondo del lavoro. Tale espressione è usata genericamente per identificare l’opzione di lavorare da casa ricorrendo a strumenti informatici e telematici, ma è utilizzata in modo assolutamente improprio: lavorare da casa infatti non è smart working!  Si tratta in realtà di uno pseudo-anglicismo, poiché  in inglese questa modalità di lavoro non si chiama smart working bensì working from home, da cui l’acronimo WFH, oppure remote working o anche telecommuting, come si può leggere in questo periodo nella letteratura americana e britannica di settore.

Il vero significato dell’inglese smart working è un altro: indica una modalità di lavoro flessibile con processi migliorati e ricorso a tecnologie e strumenti che rendono il lavoro più funzionale perché agiscono in modo intelligente, cioè smart. Può essere considerata una evoluzione del cosiddetto flexible working, il quale consente al lavoratore di scegliere non solo l’orario (time, quando si lavora) di lavoro, come prevede anche il lavoro elastico con orario flessibile in Italia, ma anche il luogo (location, dove si lavora), di solito in ufficio, a casa o “in mobilità”.

In estrema sintesi, lo smart working propriamente detto aggiunge alla flessibilità di orario e luogo anche una maggiore efficienza grazie a processi migliorati e a maggiori autonomia e collaborazione. Dà inoltre notevole importanza all’utilizzo di tecnologie e strumenti (connettività, software per la produttività personale, dispositivi mobili, teleconferenze…) che attraverso applicazioni avanzate  consentono di operare in modo più efficiente, e quindi rendono l’attività lavorativa  più efficace, e più rispondente agli obiettivi strategici aziendali.

Da un certo punto di vista, gli strumenti offerti al remote worker o allo smart worker sono identici. Un moderno Sistema Informatico Telematico aziendale già prevede che la postazione di lavoro  debba essere accessibile con una connessione non soltanto da casa, ma da qualsiasi luogo. Perciò la connessione deve essere primariamente mobile, e la postazione fissa, come nel caso dei lavoratori amministrativi, deve essere remotizzabile in sicurezza. Ma l’elemento realmente distintivo è un altro: non è infatti sufficiente dotare le persone di strumenti informatici appropriati per ottenere lo smart working, prima di ogni cosa è necessario procedere ad una revisione dei processi aziendali di business (BPR), ed in questa ottica occorre cambiare il criterio di misurazione delle performance degli smart worker (KPI), fondandolo sugli obiettivi e non sulla mera presenza: dunque un nuovo paradigma organizzativo, un nuovo modello partecipativo di gestione operativa dell’azienda.

Sappiamo come in tutte le aziende i commerciali siano naturalmente considerati degli smart worker, perché vengono valutati sulla base degli obiettivi che raggiungono. Così pure lo sono le figure apicali ed i dirigenti. Lo stesso modello organizzativo dovrebbe essere implementato per tutte quelle risorse che si prestano a poter diventare smart worker. Risulta evidente la distinzione di ritorno economico e di risultati nei due approcci: se le persone si misurano per obiettivi, è lecito aspettarsi un’efficienza maggiore ed una produttività più elevata.  Se invece si applica esclusivamente il remote working ci si può attendere solo continuità rispetto ai risultati.

L’emergenza globale che ci sta colpendo potrebbe essere perciò per l’Italia l’opportunità per affrontare seriamente una trasformazione non solo digitale, ma anche e soprattutto nella cultura organizzativa, nei processi aziendali e nei meccanismi usuali di controllo. Oggi non mancano tecnologia e strumenti, bensì la cosiddetta “forma mentis” (mindset): i gravi disagi del mondo del lavoro legati all’ emergenza  Covid-19 potrebbero essere l’occasione per le aziende di ripensare ad alcune pigrizie che le hanno caratterizzate, visto che gli strumenti per lavorare da remoto in modo utile e proficuo ci sono già da un po’ di tempo. Oggi il fronte più arretrato è quello del mindset aziendale, a confronto della maturità dal punto di vista delle tecnologie disponibili”.

Quindi potremmo concludere: “Smart working does not need to be remote, but it helps”: le imprese devono sviluppare Organizzazione e Workload aziendale per sostenere gli Smart Worker, e grazie alla tecnologia informatica e telematica, “potranno superare i limiti del tempo e dello spazio”.

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