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Siram Veolia, verso il full-cloud con i giusti tempi

 

Questo mese abbiamo fatto colazione con: Fabrizio Locchetta, CIO di Siram Veolia

La trasformazione digitale è un dato di fatto nella stragrande maggioranza delle aziende italiane. A differire sono tempi e modalità di avvicinamento ed esecuzione di una strategia ormai chiaramente delineata. La presenza di componenti legacy non sempre facili da far evolvere, una certa resistenza culturale e le riflessioni sulla modalità di migrazione al cloud possono fungere da parziali freni a progetti improntati all’innovazione.

Siram Veolia è una realtà con caratteristiche da multinazionale, ma peculiarità specifiche della presenza sul territorio italiano che risale addirittura a oltre cento anni fa. Nel gruppo Veolia, che si occupa principalmente di acqua, rifiuti ed energia, Siram Veolia è fra le realtà di riferimento in Italia per la gestione dell’efficienza energetica, ed è anche un attore importante nei settori dell’acqua, dei rifiuti speciali e nei progetti di “smart city”. In tale contesto, affianca clienti pubblici e privati nel percorso di trasformazione ecologica attraverso soluzioni sostenibili e tecnologicamente innovative.

Il Gruppo supporta i suoi oltre 1.800 clienti nella gestione e ottimizzazione dei servizi essenziali, contribuendo allo sviluppo sostenibile dei territori, assicurando riduzione dei consumi e dell’impatto ambientale. L’indotto Siram ha privilegiato fin qui la gestione di impianti energetici per numerose aziende del mondo sanitario, education, terziario e industria. Definito un percorso full cloud a livello di gruppo, la sua applicazione locale ha già prodotto risultati significativi, ma ancora riserva sfide legate al retaggio della tradizione, come spiega il CIO Fabrizio Locchetta.

Quali sono le aree dell’azienda che sono state oggi già coinvolte in progetti di trasformazione digitale e dove invece andrete a concentrarvi nel breve-medio termine?

Proprio per le caratteristiche del nostro business, dobbiamo tener presente che circa il 50% del nostro personale lavora sugli impianti dei clienti. I maggiori limiti verso una trasformazione digitale più compiuta derivano da questo. In generale, le applicazioni utilizzate per la gestione dell’efficienza energetica dei building (ad esempio i BMS, Building Management System) non si prestano a una facile gestione remotizzata. In compenso, abbiamo fatto notevoli passi avanti nell’implementazione dell’IoT, predisponendo sistemi basati su sensori e gestione dei dati per raccogliere le informazioni relative, ad esempio, alla qualità dell’aria o al rendimento degli impianti che gestiamo. Così come, a livello di impianto, molte componenti tecnologiche sono state migrate da soluzioni on-premise a infrastrutture cloud per favorire la gestione delle enormi quantità di dati raccolte dai siti e per aumentare sicurezza e disponibilità dei sistemi e dei dati. Questo è il primo passo verso una digitalizzazione prevedibilmente più spinta per il futuro. All’opposto, abbiamo puntato molto negli ultimi anni sulla trasformazione digitale dei sistemi gestionali e amministrativi, per consentire il semplice accesso da browser alla maggior parte dei nostri sistemi da parte dei dipendenti. A medio termine, riteniamo che la digitalizzazione riguarderà il 95% della componente amministrativa dell’azienda e almeno il 50% di quella sul campo.

Avete fin qui riscontrato qualche ostacolo nei progetti eventualmente avviati? In quale misura si tratta di problemi strettamente tecnologici e quanto invece dipende da limiti culturali??

La tecnologia non rappresenta un limite oggi, mentre sul piano culturale abbiamo riscontrato qualche resistenza da parte dei colleghi, soprattutto nel passare da strumenti tradizionali ampiamente conosciuti e utilizzati ad applicazioni digitali che, per loro natura, presentano caratteristiche più standard e minori possibilità di essere adattate alle esigenze dei singoli utenti. Già nel 2018 siamo stati fra le prime aziende a migrare il nostro Erp su soluzione SaaS, causando non pochi disagi al personale, abituato da sempre ad automazioni e controlli implementati su misura per efficientare i processi e minimizzare gli errori.

Come avete affrontato la convivenza fra sistemi legacy e innovativi, in particolar modo la loro integrazione?

Negli ultimi mesi abbiamo avviato un progetto di data governance, che ci consentirà da un lato di armonizzare sulla piattaforma selezionata la maggior parte delle interfacce di integrazione create per alimentare i nostri data lake, e dall’altro di creare cataloghi di dati “certificati” all’interno dei nostri sistemi e nella produzione di report. Questo risponde parzialmente alla domanda. Noi lavoriamo in un contesto multicloud, con una componente on-premise ormai ridottissima, ma non è così semplice individuare una piattaforma di orchestrazione che soddisfi le nostre necessità. Stiamo anche valutando un modello che ci consenta di uscire dalla logica delle interfacce e creare un’architettura più aperta basata sulle moltissime Api che abbiamo implementato nel corso degli ultimi anni all’interno di un ecosistema ormai chiaramente indirizzato verso microservizi e container.

 

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