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Resilienza del digitale: un ossimoro?

N. Ottobre 2021
        

a cura di Roberto Masiero 
Presidente, The Innovation Group 

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In realtà quando parliamo di resilienza digitale non parliamo di un ossimoro, ma di un profondo cambio di paradigma: perché la crisi pandemica ha evidenziato, a fianco dell’immagine di una tecnologia digitale frenetica, transitoria, a rapida obsolescenza, fonte di continua innovazione, una notevole capacità di permettere al sistema una grande resistenza all’impatto di eventi imprevedibili, o addirittura impensabili.

Il digitale ha quindi rivelato una doppia dimensione di resilienza: una dimensione interna, perché ha evitato il collasso della nostra economia e società di fronte alla “crisi unica” determinata dall’emergenza pandemica; e una dimensione esterna, perché fondamentale fattore di flessibilità che consentirà a imprese, PA e società civile di reagire a futuri shock esterni, agendo anzi da essenziale driver di sviluppo.

Ci troviamo di fronte diversi temi, da noi sviluppati nel “Rapporto Annuale” presentato nel corso del “Digital Italy Summit” del 18-20 ottobre. Come assecondare una trasformazione digitale che sia insieme profondamente innovativa, sostenibile e resistente alle emergenze? Come, in particolare, il PNRR potrà abilitare politiche digitali a sostegno di questa trasformazione? E in che modo potremo cogliere questa opportunità unica per costruire un Paese non semplicemente “modernizzato” ma moderno, efficiente, innovativo e resiliente?

Dopo una “crisi unica” stiamo assistendo a una “ripresa speciale”, che è tale perché è arrivata prima delle attese ed è globalmente robusta e diffusa, anche se con diverse intensità. È speciale perché caratterizzata da un rimbalzo nel 2021 del 5,7%, superiore alla media dell’Eurozona, e da una crescita oltre il potenziale anche nel 2022 (4%) e nel 2023 (2,3%), sostenuta anche dai trasferimenti europei connessi al piano Next Generation EU. Ed essa ha riguardato non solo industria e costruzioni, ma anche i servizi. In sintesi, il sentiment è molto positivo, i dati attuali sono molto buoni e a livello internazionale c’è una gigantesca attenzione sul nostro Paese. D’altra parte la ripresa è speciale perché sta provocando una inflazione non da domanda (i salari non crescono e i consumi recuperano limitatamente) ma da costi.
Sono fortemente saliti i costi dell’energia e dei metalli industriali. Vi è una clamorosa carenza di materie prime, che spesso si pagano cash, per cui le nostre imprese hanno bisogno di un adeguato sostegno bancario. Si verificano serie strozzature nelle catene globali del valore. Le imprese industriali segnalano così la volontà di trasferire i maggiori costi di produzione ai consumatori finali mentre pressioni al rialzo potrebbero venire anche dai servizi per effetto delle riaperture nei settori soggetti a restrizioni. E quindi la ripresa potrebbe portare in seno anche fattori strutturali che ne potrebbero limitare l’impeto, almeno nel medio periodo.

Rimane comunque il fatto che i grandi investimenti previsti al PNRR in infrastrutture e in rigenerazione urbana sono grandi acceleratori di sviluppo dei territori e in prospettiva di posti di lavoro.La caratteristica del digitale non soltanto come fattore di efficienza e di innovatività ma anche di resilienza di fronte shock esterni era stata colta rapidamente dalle imprese, facendo sì che già nel corso l 2020 il mercato digitale in Italia non registrasse alcuna significativa flessione ( -0,1% a fronte di un calo del PIL pari all’8,9%). Ciò è stato dovuto soprattutto alle piattaforme digitali, alla diffusione delle tecnologie e delle architetture di collaboration e del cloud, e al fatto che le reti hanno sostenuto i picchi di traffico.

Non possiamo ignorare, tuttavia, che l’impatto delle tecnologie digitali nella fase dell’emergenza è stato assai diseguale a seconda del livello di preparazione delle organizzazioni: mentre alcune, particolarmente nel terziario avanzato, erano già pronte e sono riuscite a passare allo smart working in una notte, molte altre hanno dovuto rivoluzionare rapidamente i loro sistemi operativi.

Nel corso del 2021 l’investimento in digitale si sta ampiamente dispiegando, perché molti cambiamenti introdotti dal lockdown stanno diventando strutturali. Si sta affermando con forza il tema del lavoro ibrido: molte imprese non torneranno indietro. Pure nel settore privato tuttavia non tutti hanno capito che l’innovazione digitale deve procedere di pari passo col ripensamento profondo dei processi di business, e in molte situazioni si rischia di voler tornare a modelli organizzativi novecenteschi. Assistiamo quindi a due modi diversi per interpretare la trasformazione digitale: una differenza che è all’origine dell’attuale tendenza alla fuga del personale dalle aziende tradizionali verso quelle che adottano diffusamente lo smart working.

Infine, anche per la Pubblica Amministrazione il tema del ritorno al lavoro richiede una visione resiliente e inclusiva, che in prospettiva sia in grado di integrare al meglio il lavoro da remoto e in presenza. Per quanto riguarda il 2021, partendo da una base molto più alta e potendo contare solo in maniera molto limitata sugli impatti del PNRR sugli investimenti del settore, possiamo prevedere che il tasso di crescita del mercato digitale non si allineerà a quello del PIL, ma raggiungerà comunque un ottimo livello, secondo le nostre previsioni in una forchetta compresa tra il 4,3% e il 5%.

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