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Obiettivo supply chain resilienti e sostenibili

 

Le catene di approvvigionamento a livello globale hanno subito gravi effetti negli ultimi anni. A partire dalla crisi finanziaria del 2008-2009, è iniziato un processo di rallentamento dell’integrazione tra le economie del mondo, anche noto come slowbalisation. Una tendenza che si è ulteriormente rafforzata con la pandemia Covid19, con il conflitto russo ucraino e con le sanzioni economiche contro la Russia, in concomitanza con l’affermarsi di politiche protezionistiche in molti Stati.

Oggi, la situazione complessa in cui versano molte imprese, obbliga a un ampio ripensamento della supply chain. Le aziende sono in questo momento alle prese con numerosi problemi: dall’aumento dei prezzi, alla volatilità delle catene di approvvigionamento, ai problemi climatici, alla scarsità di talenti. Come emerge dai risultati dell’indagine annuale “Digital Business Transformation survey (DBT23)” di The Innovation Group, svolta a gennaio 2023 su un campione di 200 aziende italiane, tra i principali elementi di preoccupazione delle aziende, al quarto posto (dopo l’incertezza sul ciclo economico, al costo del lavoro e alla diminuzione della competitività), appare il tema del rischio collegato alla supply chain.

In passato, le supply chain erano guidate principalmente da due fattori: la creazione di una customer experience il più possibile personalizzata, real-time, connessa, e la costruzione di catene del valore globali che permettessero di ottimizzare continuamente la produzione e i costi di beni e servizi.

Oggi invece la situazione è molto diversa, e alla priorità di ottimizzare efficienza e costi produttivi, si sono aggiunti nel tempo bisogni come resilienza e agilità, sentiti fortemente dalle aziende. A questi si sta aggiungendo sempre più anche il requisito della sostenibilità, ossia, di una filiera rispettosa dell’ambiente.

Parlando con le aziende, alla domanda su “Quali delle seguenti attività hanno riguardato la Supply Chain della Sua azienda nel 2022?” la maggior parte delle risposte sono andate a “Diversificazione dei fornitori (35%)” e “Rafforzamento del rapporto con fornitori chiave (33%)”. A seguire le risposte vanno a “Formazione specialistica interna” (30%), “Incremento dell’analisi sui rischi” (20%) e “Attenzione alla sostenibilità ambientale” (20%).

In un prossimo futuro, le catene di catene di fornitura dovranno essere sempre più resilienti, intelligenti, sostenibili e distribuite. Abbiamo visto come negli ultimi anni la crisi pandemica abbia esacerbato la fragilità delle supply chain globali. Molte organizzazioni sono state colpite dalla chiusura di strutture, da interruzioni delle forniture, da assenze dei dipendenti operativi da distanza. Se la “rilocalizzazione” della catena di approvvigionamento globale è oggi un obiettivo molto sentito, sono poche le aziende in grado di farlo con un’infrastruttura tecnologica all’avanguardia.

Una supply chain avanzata deve infatti potersi avvalere di tecnologie allo stato dell’arte, su molteplici fronti: dalla progettazione e dalla gestione del rischio sistemico, fino ad aspetti di previsione e pianificazione, esecuzione e controllo. Come emerge dall’indagine DBT23 TIG, in questo momento le aziende sono orientate soprattutto a sfruttare piattaforme di collaborazione in cloud con i fornitori (opzione già utilizzata da circa 1 azienda su 4), ma in numero ancora limitato si stanno orientando ad aspetti fondamentali della gestione del “rapporto informativo” con i fornitori, come la Data governance (gestione del dato di supply chain, integrità, sicurezza, 24% delle risposte); Soluzione di analisi delle performance della supply chain (23% delle risposte); Analytics per la supply chain (supporto decisionale data driven e near real time, 21% delle risposte); Integrazione per ottimizzare la supply chain (utilizzo di API, microservizi, 20% delle risposte); Integrazione di piattaforme SCM con l’ERP aziendale (17% delle risposte).

Per non parlare poi del tema della cybersecurity collegata alla supply chain, che raccoglie in questo momento soltanto un 14% delle risposte: un segnale importante di quanto ancora sarebbe necessario lavorare per ottenere un’integrazione intelligente e resiliente delle catene di fornitura internazionali.

 

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