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MODELLI E BEST PRACTICE PER LA DIFFUSIONE DI UNA CULTURA DIGITALE

N. Febbraio 2020
        

a cura di Elena Vaciago 
Associate Research Manager, The Innovation Group

Questo mese abbiamo fatto colazione con…
Francesco Cavarero, CIO di Miroglio

Un percorso efficace di Innovazione Digitale deve essere oggi quello che passa attraverso una forte condivisione interna, tra funzioni di natura tecnologica, strategica e business, sulle iniziative da iniziare o da monitorare. Fondamentale è dotarsi di un disegno complessivo e di un’organizzazione specifica per governare il cambiamento, puntando a rimuovere ostacoli di natura culturale e organizzativa su questi temi. Affrontiamo questo tema, molto complesso e sfidante, con Francesco Cavarero, CIO di Miroglio.

 

Quali sono i percorsi da seguire per incoraggiare l’Innovazione conservando però il controllo del cambiamento? Qual è la vostra esperienza?

In Miroglio siamo convinti che l’innovazione o è un obiettivo comune o non è. La responsabilità non può essere demandata a funzioni dedicate o ai soli professionisti del digitale e dell’IT. D’altra parte, metodo e focalizzazione sono essenziali per farla decollare. Per questo, in termini di impostazione organizzativa ci siamo dotati di una iniziativa, il “Miroglio Innovation Program”, che ha il mandato di tenere un occhio aperto sul mercato, sugli sviluppi in corso e sulle startup, sia sul fronte dei trend tecnologici sia sui nuovi modelli di business. Il suo apporto, oltre che sui contenuti, riguarda tutta la parte metodologica e arriva anche a supportare la nascita di startup aziendali nel caso di progetti di innovazione particolarmente radicali.

Da un punto di vista organizzativo, il MIP siete al Tavolo dell’innovazione, con la presenza del Digital, dell’IT e delle funzioni apicali del business, dell’HR e dello Sviluppo Strategico: insieme abbiamo il mandato di stabilire periodicamente quali sono i filoni prioritari della nostra innovazione. Incrociando le tendenze del mercato con gli ambiti a cui il business riconosce valore strategico, si arriva a definire i macrotemi e di conseguenza gli ambiti delle varie iniziative. Alcune di queste sono di natura esplorativa (con un budget che per definizione deve essere limitato), e danno quindi il via a iniziative veloci ed economiche all’inizio, il cui ritorno certo è l’esperienza.

In seconda battuta, ci si interroga sulla coerenza delle iniziative maggiori della società rispetto a questi trend innovativi. Tutto questo porta a una notevole condivisione interna, di funzioni di natura tecnologica, strategica e business, sulle iniziative da iniziare o da monitorare, puntando sempre a rimuovere ostacoli di natura culturale e organizzativa su questi temi.

 

Come avviene la diffusione dell’innovazione digitale dell’azienda? Questo modello funziona per la propagazione di una cultura digitale?

Abbiamo alcune iniziative svolte regolarmente, con la partecipazione di altre funzioni, basata anche su canali digitali per condividere e suscitare dibattito su idee e trend. Ad esempio, utilizziamo molto il canale social interno Facebook Workplace, dove abbiamo un gruppo di innovazione. Grazie al contributo di altri colleghi, proponiamo spunti in linea con svariati interessi e considerazioni legate al nostro business.

Abbiamo poi svolto attività importanti anche a livello di “formazione informale”, organizzando momenti in cui persone possono confrontarsi con questi temi, ad esempio i nostri “aperitivi formativi”, che sono quasi sempre dedicati ai temi digitali. In questo modo, scegliendo orari consoni e un formato informale, si informano e coinvolgono le persone.

Abbiamo verificato che è anche importante come si accompagnano i colleghi nei progetti: abbiamo messo a punto una serie di best practice che si sono rivelate efficaci. Ad esempio, in progetti rilevanti, è per noi una prassi consolidata definire all’interno della popolazione degli utenti che vivranno il cambiamento, dei “Change Agent”, figure che pur arrivando dall’interno delle organizzazioni, sono motivate e responsabilizzate per diventare un punto di riferimento per i colleghi durante il cambiamento. Il gruppo su Workplace funge da punto di incontro con gruppi specializzati, in cui gli Agent si mettono a disposizione per rispondere a dubbi e domande dall’interno. È una soluzione che si è rivelata nel tempo molto efficace.

 

Come state operando per ridurre la complessità dell’infrastruttura tecnologica, allo scopo di semplificare i processi, automatizzare e liberare le risorse da attività a minore valore aggiunto?

Parlando del quadro generale dell’infrastruttura, fino a pochi mesi fa avevamo un assetto consueto, con un datacenter non di proprietà (esternalizzato sia per proprietà che per gestione). Fino a pochi mesi fa, quindi, la nostra situazione era quella dell’uso di private cloud gestito da outsourcer. Nell’ultimo anno però abbiamo fatto scelte diverse: avendo un importante progetto di introduzione del nuovo ERP SAP, è stata fatta una virata netta verso il public cloud per l’infrastruttura. Come conseguenza oggi disponiamo di un datacenter esteso con una consistente propaggine su Amazon AWS, che probabilmente, dopo un periodo di esperienza, diventerà il polo principale del nostro datacenter.

Questo cambiamento fa parte di idea più generale di forte omogeneizzazione dell’infrastruttura, da orientare sempre più verso standard di mercato, con una strategia cloud first che andremo a consolidare. Anche volta a ridurre i costi, anche se quest’ultima è solo una precondizione. La vera posta in gioco è il nuovo modo di lavorare che arriva con il cloud, in termini di continua predisposizione mentale a sfruttarne le opportunità in termini di servizi e architetture, che oggi solo i cloud provider principali hanno la forza di offrire.

 

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