NEWSLETTER - IL CAFFE' DIGITALE
La Nuova Economia del Virus

N.  Luglio 2020
        

a cura di Roberto Masiero 
Presidente, The Innovation Group 

 

Il Digitale come grande stabilizzatore dell’economia.

Che impatto ha avuto il Virus sull’economia globale e su quella del nostro Paese in particolare? In un recente evento organizzato da The Innovation Group (1) tre interventi hanno portato un contributo importante alla comprensione della dimensione epocale dei fenomeni in atto.

Per primo il Prof. Carlo Alberto Carnevale Maffè (2) è partito dalla constatazione che il virus ha determinato sia la più grave recessione degli ultimi 150 anni insieme a quella delle guerre, sia la maggior iniezione di stimoli finanziari, sia il più grande aumento del debito mondiale (+ 17.000 Miliardi $).

Contemporaneamente si è realizzata una forte accelerazione di una tendenza che ha caratterizzato in particolare gli ultimi 20 anni, lo spostamento strutturale degli investimenti verso l’economia degli intangibili.

In pratica, 10 anni fa per relazionarci andavamo in macchina e consumavamo benzina. Gli ultimi 10 anni invece hanno sconvolto l’economia mondiale.

La capitalizzazione delle aziende del digitale, caratterizzate da asset essenzialmente intangibili, ha ecceduto di gran lunga quelle dell’Oil & Gas, e sempre più ci relazioniamo in forma digitale: l’emergenza del virus ha estremizzato questa tendenza, e fatto sì che l’intermediazione prima affidata alla logistica sia passata ora alla logistica digitale.

Secondo il Prof. Carnevale Maffè, il virus ha stabilito quindi una intermediazione tecnologica universale.

Secondo questa tesi, lo shock economico non sarebbe tuttavia dovuto al virus, ma all’inadeguatezza e all’impreparazione delle istituzioni, della politica e delle imprese: è la differenza nella propensione all’utilizzo della tecnologia per la prevenzione e dei relativi modelli organizzativi che spiega il motivo per cui la Corea prevede una flessione del PIL del 2% contro la forchetta del -8/14% dell’Italia, mentre il virus è evidentemente lo stesso.

Altro mito da sfatare è quello che il virus avrebbe segnato un punto di arresto della globalizzazione: mentre infatti il mercato globale dei prodotti ha subito certamente un arresto, quello dei servizi, appoggiati sul digitale, è rimasto stabile.

Il digitale avrebbe quindi svolto il ruolo di grande stabilizzatore dell’economia, ed anzi starebbe contribuendo a favorire una riduzione generalizzata dei prezzi (esempio Amazon per l’e-commerce), trasformando l’inflazione in deflazione.

 

Le politiche pubbliche per il sostegno dell’innovazione tecnologica.

Marco Bentivogli (3), coerente con quella che ha definito la sua “crociata contro la tecnofobia”, ha sottolineato il ruolo delle tecnologie digitali non solo nel limitare i danni del lock-down, ma nel sostegno della ripartenza delle imprese.

L’autunno determinerà una severa selezione di persone, ma anche di aziende (34% delle aziende associate a Federmeccanica hanno annunciato riduzioni di personale). E le aziende che supereranno questo punto di svolta saranno quelle che riusciranno ad affrontare, attraverso tecnologie e forme di organizzazione innovative, le proprie vulnerabilità. Essenziale sarà ad esempio superare le vulnerabilità evidenziate dall’emergenza rispetto alle filiere, per uscire dal fiato corto delle filiere regionali, tracciando non solo i prodotti, ma la sostenibilità delle produzioni attraverso strumenti come ad esempio la blockchain.

Molta attenzione va rivolta alle politiche pubbliche. Qui Bentivogli ha osservato che risultati importanti sono stati ottenuti fino al 2019 nell’investimento in tecnologie grazie all’effetto di trascinamento degli sgravi fiscali e dell’iper-ammortamento dovuti a Industria 4.0, e ha lamentato che l’art. 52 sulla transizione tecnologica sia stato tra i primi ad essere cassati nella discussione sul decreto rilancio – anche se ha riconosciuto gli sforzi del Ministro Patuanelli per tentare di riesumarlo.

Punto centrale delle politiche pubbliche per Bentivogli deve essere un grande piano di Re-skilling per rifondare la formazione professionale in Italia, sviluppando una formazione di tipo nuovo, che sappia adattarsi alle persone.

Ha poi ricordato la proposta avanzata con Alfonso Fuggetta per costruire la Rete Nazionale dell’Innovazione sulla base di una partnership pubblico -privato sul modello del Fraunhofer Institute.

Questo modello dovrebbe tuttavia calarsi sulla realtà del tessuto produttivo del nostro paese, fatto di PMI e microimprese isolate che rischiano di perdere definitivamente il treno dell’innovazione tecnologica. In un Paese dove non esistono quasi più distretti industriali né sistemi locali, ormai agglomerati intorno alle grandi reti di infrastrutture, occorre costruire a livello territoriale ecosistemi digitali ovunque, in cui si costruiscano patti per l’accelerazione tecnologica, perché l’innovazione arrivi alle piccole imprese e accresca le competenze del territorio.

Servono dunque politiche pubbliche che accompagnino il processo di aggregazione del tessuto industriale.

 

Il tema dell’Execution

Sul tema delle politiche pubbliche è tornato Stefano Firpo (4), per cui la pandemia ha rappresentato una grande wake-up call per il nostro Paese e sulle direttrici delle scelte per il suo sviluppo futuro. Gli ultimi 20 anni infatti sono stati caratterizzati da performance drammatiche della produttività del lavoro e del capitale in Italia, con un modello basato sulla crescita di settori a basso valore aggiunto, su comparti protetti, su un turismo artigianale, su microimprenditorialità a bassissimo contenuto tecnologico protetta e sostenuta. Si è scelto di investire su uno sviluppo industriale basato sull’incremento della capacità produttiva invece che sull’intensificazione dei processi produttivi, sui capannoni invece che sulla dematerializzazione.

Questo è il momento in cui il Paese deve decidere se investire veramente sulla tecnologia.

A questo proposito Firpo ha ricordato la lezione dell’economista Enrico Moretti (5), secondo cui anche in un Paese basato su “camerieri e turisti” l’economia può prosperare, ma solo a condizione che i suoi cittadini abbiano un reddito alto: condizione che evidentemente non sussiste più da noi nella fase post-Covid.

L’unica economia che può creare veramente occupazione è quella in cui la tecnologia crea ricchezza e occupazione, che vanno a beneficio anche dei settori a basso valore aggiunto (riaffiora qui il concetto di digitale come grande stabilizzatore dell’economia di Carnevale Maffè).

Quali politiche pubbliche quindi per favorire l’investimento in innovazione tecnologica?

Certamente non quelle viste negli ultimi 20 anni, orientate a bonus fiscali finalizzati alla crescita di capacità produttiva e alla protezione delle rendite in determinati settori. Servono strumenti fiscali orizzontali, più capaci di stimolare innovazione e digitalizzazione. Bisogna lavorare sul piano 4.0, che è stato rivisto anche in chiave positiva ma in cui le aliquote ridotte rendono il beneficio fiscale poco appetibile.

E bisogna lavorare per costruire la rete dei centri di trasferimento tecnologico e su veri e propri programmi di politica industriale, anche considerando che l’Europa sta cambiando paradigma: ha sempre spinto sull’integrazione del mercato, ora invece sta spingendo su politiche di integrazione rivolte non tanto ai settori quanto alle filiere, su cui noi ci giochiamo buona parte della nostra competitività.

Alcune di queste filiere, secondo Firpo, sono di particolare valore strategico per il nostro Paese: in particolare quelle dell’Automotive, dell’Idrogeno, delle Low Carbon Industries.

La preoccupazione qui è quella dell’Execution, di come costruire dei partenariati pubblico privati governati da regole chiare, per gestire al meglio le risorse che stanno arrivando dall’Europa, in primis quelle del recovery plan.

Per trasformare queste risorse in investimenti si possono utilizzare due strumenti diversi: c’è la leva degli investimenti fiscali automatici (es: Piano 4,0), disintermediando completamente l’intermediazione pubblica, o in alternativa si potrà lavorare a strumenti normativi e strutture amministrative che siano in grado di trasformare questo denaro in progetti cantierizzabili.

 


Note:

(1) DIGITAL ITALY 2020 – WEB CONFERENCE: “Tecnologie per chiudere l’emergenza e per far decollare la ripresa”- AI, Big Data, App, Robotics, Blockchain” – 30 Giugno 2020

(2) Carlo Alberto Carnevale Maffè, Docente di strategia d’Impresa ed Economia Aziendale, SDA Bocconi

(3) Marco Bentivogli, Segretario Generale, FIM-CISL

(4) Stefano Firpo, Intesa Sanpaolo

(5) Enrico Moretti, “La nuova geografia del lavoro”, Mondadori, 2017

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