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Il PNRR, un’occasione unica per la PA e il Paese

N. Ottobre 2021
 

a cura di
Carmen Camarca, 
Analyst
The Innovation Group

Questo mese abbiamo fatto colazione con…
Raffaele Gareri, Direttore trasformazione digitale e sviluppo economico urbano del Comune di Roma e CoFounder di “The Smart City Association Italy”

Quali sono i vantaggi del PNRR per il settore pubblico? Quali i benefici attesi? Il PNRR rappresenta un’occasione straordinaria per stimolare e ripensare il processo di ammodernamento e trasformazione digitale dei servizi pubblici. Avremo investimenti per lo sviluppo delle infrastrutture digitali e impatti immediati legati all’evoluzione della società. Ad affermarlo è Raffaele Gareri, già Direttore trasformazione digitale e sviluppo economico urbano del Comune di Roma e CoFounder di “The Smart City Association Italy” che ci ha parlato del ruolo che l’applicazione delle misure previste dal PNRR potrà avere sull’innovazione digitale della Pubblica Amministrazione.
Con il PNRR- ha proseguito Gareri – si potrebbe dare un forte stimolo al rapporto tra sfera pubblica e privata, aspetto indispensabile per riorientare lo sviluppo socio economico delle nostre comunità.

Secondo Lei, ci sono dei limiti nell’attuale impostazione del PNRR? Andrebbero considerate ulteriori misure? 

Non è particolarmente evidenziato nel Piano il sostegno alle logiche di partenariato pubblico-privato. I fondi in arrivo con il Piano, se considerati in un’ottica di partnership pubblico-privato, potrebbero attirare notevoli risorse da parte del soggetto privato. Oggi le forme di procurement innovativo (finanza di progetto, partenariato per innovazione, ecc..) sono poco praticate ed incentivate nelle nostre amministrazioni.

In quali ambiti il PNRR dovrebbe comportare le maggiori trasformazioni?

Sul cambiamento organizzativo, sulle competenze e in relazione alla semplificazione/revisione dei processi interni.

Del resto, le piattaforme e i nuovi servizi di cui si auspica lo sviluppo, per produrre l’impatto atteso, devono essere accompagnati da nuovi modelli organizzativi di attuazione. Il vero salto di qualità è nel modo in cui gli attori concorderanno nell’approcciare l’utilizzo di questi nuovi strumenti, sia in  termini di modelli di business sia di organizzazione interna. Bisogna promuovere il passaggio da strutture gerarchiche a strutture a rete o a matrice e con livelli di responsabilità più diffusi e team multidisciplinari.

Ed evitare l’errore di rimanere concentrati sui prodotti finali, senza dedicare abbastanza attenzione alle necessarie modifiche organizzative che inevitabilmente impatteranno anche sulle competenze. Sempre più si avrà bisogno di competenze multidisciplinari nei gruppi di lavoro e strumenti di collaboration.

Qual è lo stato dell’arte della vostra agenda digitale? Quali i progetti in corso e quelli previsti?

Abbiamo investito molto sullo sviluppo della smart city. Negli ultimi due anni, al tradizionale investimento in tecnologie informatiche (gestione della rete, apparati, gestionali, ecc..), è stato affiancato un percorso finalizzato a creare una cultura e dei modelli per lo sviluppo di servizi smart in una comunità intelligente.

È importante che gli attori operino in un’ottica di ecosistema, che vi sia una governance del dato, modelli di partenariato pubblico-privato, oltre che un presidio degli aspetti etici negli algoritmi adottati.

Tale visione strategica è stata recepita nel piano “Roma Smart City”, un percorso partecipato che ha visto più di duemila persone coinvolte e ha previsto incontri con dipartimenti, assessorati, associazioni ed università. Più che l’output del documento è stato il processo svolto che ha costituito un valore, un percorso grazie a cui è stato possibile diffondere nelle varie unità organizzative la cultura dell’innovazione.

Inoltre, è stata colta l’occasione della definizione del Piano strategico anche per effettuare una ricognizione dei progetti di innovazione esistenti: ne sono stati mappati 81 (per circa 200 milioni di euro già stanziati) che si andranno a completare nel corso dei prossimi 2/3 anni. Adesso si cercherà di rafforzare le logiche di interoperabilità di tali progetti.

Con riferimento agli ambienti gestionali, si stanno eliminando le ultime tracce dei sistemi mainframe ed è stato effettuato l’ingresso nell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR). Si sta lavorando, inoltre, al sistema di gestione elettronica documentale ed è stata realizzata una nuova piattaforma per la gestione del sistema unico per gli affidamenti. Infine, è stato ricostruito il nostro portale, rendendolo più orientato al cittadino e ai servizi.

Servizi della PA e impatto della pandemia: voi come avete risposto?

Già prima della pandemia, Roma Capitale aveva un numero di servizi online piuttosto elevato. Nell’ultimo anno l’emergenza ha costretto tutti ad utilizzare i servizi online, altri sono stati resi disponibili sul portale più rapidamente di quanto previsto inizialmente. Oltre ad essere aumentato il numero di questi servizi è cambiato l’atteggiamento culturale interno alle amministrazioni.

In base ai principi e agli obiettivi del PNRR quali sono, secondo Lei, i più importanti per il suo ente?

L’interoperabilità e la condivisione delle informazioni tra le diverse PA è fondamentale: si tratta di un obiettivo decisivo e irrinunciabile nel momento in cui aumenta la volontà di digitalizzare i processi (un’attività che, per essere percepita positivamente dall’utente, necessita dell’ interoperabilità dei sistemi).

Un altro aspetto importante è, inoltre, l’ampliamento della connettività, driver importante per ridurre le problematiche di inclusione e il digital divide. Fondamentale, inoltre, soprattutto nella prospettiva dello sviluppo dei servizi sulle reti 5G e nelle attività di raccolta dati dai sensori (si pensi a tutte le opportunità dell’IoT).

Qual è la Sua posizione con riferimento alla governance e al monitoraggio del PNRR? Quale sarà la posizione di Roma Capitale?

In relazione a Roma Capitale bisogna fare un discorso differente rispetto alle altre città metropolitane, sia se si considera la sua dimensione sia la sua specificità (si pensi alla presenza sul territorio della PA centrale, organi di governo, Ministeri, ecc..).

C’è una esigenza di coinvolgimento di tutta l’area metropolitana circostante, per cui si ritiene che negli investimenti effettuati da Roma Capitale vi saranno ricadute positive anche per i comuni limitrofi, in un’ottica di ecosistema dei territori.

In questo senso è, dunque, importante favorire le aggregazioni e rafforzare il concetto di community: finanziare infrastrutture e progettualità in diversi ambiti e affiancarle nei percorsi di sviluppo di community, con l’idea di promuovere condivisione, automiglioramento e un meccanismo di trascinamento delle realtà più virtuose nei confronti delle altre.

Con riferimento all’assegnazione e al monitoraggio delle risorse, secondo Lei, bisognerebbe adottare un approccio regionale o nazionale?

Sarei per un approccio misto. Ci sono iniziative che devono avere una gestione centralizzata ma, considerata la storia del nostro Paese, la sua articolazione e anche le ridotte tempistiche di attuazione del PNRR, sarebbe auspicabile un decentramento per il monitoraggio su alcuni progetti. La difficoltà è nel trovare un punto di equilibrio tra le due dimensioni.

Per recepire le misure previste dal Piano prevede delle modifiche all’interno della vostra organizzazione?

Nel momento in cui un ente sarà chiamato, direttamente o indirettamente, a giocare un ruolo su alcuni sviluppi del PNRR, inevitabilmente dovrà dotarsi di una struttura trasversale in grado di modificare e stimolare un approccio integrato e non a silos.

Non si dimentichi, del resto, che il PNRR è un’occasione straordinaria per portare a termine delle attività che comunque andavano svolte: la trasformazione digitale era una necessità e un’opportunità già prima, oggi vi è un momento straordinario per poterne supportare e velocizzare lo sviluppo.

Quali sono, secondo Lei, gli aspetti più critici da considerare nell’ambito della governance e dell’execution del Piano?

Senz’altro identificare e creare una fase progettuale condivisa, attività che richiede del tempo oltre che un processo amministrativo di gestione della spesa che, così come previsto nelle attuali regole del Codice degli appalti, rischia di allungare notevolmente i tempi di attuazione.

In questo senso, dunque, si potrebbe prevedere un intervento legislativo che possa semplificare le regole di ingaggio del mercato: quella che si sta vivendo è un’occasione straordinaria che spinge a creare delle condizioni che saranno necessarie anche dopo. Oggi l’elemento chiave è che i ritmi dell’innovazione e i cambiamenti della nostra società sono talmente accorciati che il contesto intorno deve prenderne atto e adeguarsi. Necessario, dunque, ripensare le regole di procurement per non frenare tempi di attuazione del mercato.

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