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Gaia-X sarà finanziato anche da NGeu, ma non è chiaro il ruolo dei partner Usa

N. Gennaio 2021

a cura di Emilio Mango
Direttore,
Technopolis

 

Gaia-X, il progetto per il cloud europeo promosso nel 2019 da Francia e Germania e rimasto per qualche mese a scaldare i motori, ha visto nelle ultime settimane una forte accelerazione nelle adesioni (comprese quelle di Governo e aziende italiane) e nell’esposizione mediatica.

L’interesse di Bruxelles nel progetto è evidente: i dati sono la nuova moneta, e per preservarne il valore all’Europa servono regole e alleanze per recuperare il gap creato rispetto ai mercati di Usa e Cina. Anche in Italia la pandemia ha accelerato il fenomeno della migrazione al cloud, se è vero che la crescita di questo mercato, come sostengono molti analisti, ha superato nel 2020 il 20% e che, a livello europeo, si prevede un giro d’affari di oltre 800 miliardi nel 2025.

Non stupisce quindi che Ursula von der Leyen abbia dichiarato che Gaia-X sarà parte del piano continentale per la costruzione di un cloud europeo, un piano finanziato anche dai fondi del Next Generation EU.

Ma al progetto Gaia-X hanno aderito recentemente anche molti soggetti statunitensi e cinesi, tra cui alcuni dei grandi provider per contrastare cui il progetto era nato. Se da una parte l’espansione è un segnale positivo della bontà dell’idea e delle opportunità che possono nascere, dall’altra i dubbi sollevati da più parti circa il ruolo di alcuni dei soggetti sono probabilmente legittimi. Il timore più banale è che Gaia-X possa diventare il grimaldello che permetterà ai provider statunitensi di conquistare definitivamente il mercato europeo, ma ancora più sottile è il sospetto che anche gli altri principi ispiratori del progetto, la protezione della privacy e la sovranità sui dati, siano in pericolo. Tra i membri recenti di Gaia-X c’è infatti anche Palantir, una società Usa nata per operare con il Pentagono e attiva oggi nel settore degli Analytics “evoluti”, vale a dire per estrarre informazioni dalla profondità dei dati sia per aziende private sia per organismi governativi (come CIA ed FBI).

 

Il parere di Ovhcloud

Uno dei pochi fornitori europei di dimensioni importanti che aveva sin dall’inizio sostenuto Gaia-X è Ovhcloud, che con il suo fondatore Octave Klaba aveva sì puntato i riflettori sui benefici per gli utenti europei (trasparenza, apertura, protezione della privacy e resilienza dell’infrastruttura continentale) ma aveva anche cavalcato la spinta anti-oligopolistica. Poi, come in una tempesta perfetta, si è trovata in mezzo a una raffica di novità: l’accelerazione di Gaia-X, nuove strategie e nuove alleanze (tra cui quella eclatante con Google), proprio con i vecchi “giganti egemoni” che nel frattempo, come abbiamo visto, sono anche entrati nel programma europeo.

“L’ingresso di provider e industrie americane e asiatiche in Gaia-X è un bel segnale”, ha dichiarato Alban Schmutz, senior vice president, business development and public affairs di Gaia-X, “che non cambia assolutamente la direzione presa dal progetto in termini di trasparenza e sovranità. In Gaia-X ci sono tantissimi soggetti europei, che tra l’altro continueranno a operare nel board e a garantire che i cittadini e le imprese europee siano tutelati. Libertà e indipendenza sono nel Dna di Ovh e di Gaia-X, non penso che la collaborazione con aziende Usa (ma ne stanno entrando anche dai Paesi asiatici) sia una minaccia. Dalla nostra parte c’è un ecosistema sempre più solido e un sistema di regole, pensiamo al GDPR, senza eguali”.

 

 

 

 

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