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Banche Italiane e dintorni: sussurri e (poche grida) di cambiamento

N.  Aprile
        

a cura di Ezio Viola 
Managing Director, The Innovation Group 

 

Recentemente  alcuni eventi ci hanno portato a riflettere di nuovo sui cambiamenti in corso nell’industria dei servizi finanziari in Italia: ad esempio la presentazione del rapporto CER sulle banche italiane,  l’annuale convegno Abilab e un incontro che abbiamo organizzato con alcune  fintech nel settore del lending-crowd funding nell’ambito del nostro programma fintech, proppedutico al nostro Banking Summit del 21-22 Settembre


Secondo il rapporto del  CER,  Il 2016 si presenta ancora come un  anno  critico per il sistema bancario Italiano:
secondo le stime presentate i ricavi da margini di interesse si ridurrebbero di 3,1 miliardi, solo in parte compensati da una crescita degli altri ricavi di 2 miliardi, per servizi e commissioni,  mentre gli accantonamenti aumenterebbero di quasi 11 miliardi con una flessione  finale dei profitti di 3,5 miliardi di euro.
Questi risultati, se confermati nei bilanci,  devono forzare le banche ad accelerare  il processo di trasformazione avviato, compatibilmente con le rigide regole della vigilanza europea. I  dati, se vengono proiettati all’anno 2019,  segnano  un progressivo ridimensionamento del settore bancario all’interno dell’economia italiana. Le banche italiane dovranno ulteriormente  aumentare  la loro patrimonializzazione, con il capitale che nel 2019 supererebbe il 15 per cento degli impieghi e  uno spread solo in leggero aumento. Il dato fondamentale però del processo di ristrutturazione  è costituito dalla diminuzione del cost/income ratio,  di ben 12 punti. Il valore dei costi del personale sarebbe di circa  3,5 miliardi. Il cambiamento strutturale nella relazione tra banche e clienti, legato all’ innovazione digitale,  rende sempre meno  necessario il presidio del territorio attraverso le filiali.

Oltre  al risanamento ancora in corso delle banche “risolte” due anni fa e l’intervento del Governo con un fondo di 20 Miliardi, in parte già destinato ad evitare il bail-in di MPS,  incideranno sui conti la revisione delle regole internazionali (Basilea 4), che daranno  luogo a nuove richieste di capitale con ulteriori tensioni sulle banche meno solide.

 

Il 2017 sarà forse l’anno della “resa dei conti” ?

Un elemento positivo  sembra essere  l’interruzione della crescita delle sofferenze, ma gli accantonamenti necessari continueranno a comprimere la redditività anche nel 2017. Un  miglioramento è atteso per il 2018-19, legato a diversi fattori : un lieve incremento dei tassi di interesse, insieme ad una moderata espansione degli impieghi, aiuteranno la ripresa del margine di interesse; la ricerca più spinta di  ricavi diversi dagli interessi e ulteriori interventi strutturali ridurranno i costi operativi, mentre la riduzione dei crediti dubbi, attraverso interventi straordinari, permetterà una contrazione degli accantonamenti.

Per recuperare produttività ed efficienza le banche devono puntare sulla tecnologia digitale.  Se si guarda l’andamento degli investimenti in ICT dal 2008 al 2014  questi sono dimnuiti mediamente del 3,5% e sono ripresi leggermente solo dal 2015.( fonte CIPA e ABIlab). Se poi si osservano le  priorità e le destinazioni delle spesa ICT delle principali banche si vede come una buona parte è servita a soddisfare l’ esigenza di compliance, a sostenere i “running cost” di manutenzione dell’esistente ma, molto limitatamente, è stata rivolta alle aree innovative, con esclusione di progetti su nuove app mobile, di progetti legati all’evoluzione del CRM e di business intelligence. A fronte dello sviluppo e  diffusione dei canali on-line non si è registrata una sensibile e forte diminuzione del numero di sportelli.  Per alcune banche il modello territoriale è una scelta strategica  che rimane, anche se molte  banche stanno rivedendo il modello distributivo integrando presenza fisica e digitale.

Questo quadro mostra ancora una relativa lentezza  nel proseguire in modo incisivo  il  processo di trasformazione digitale di processi e servizi e del modello di business delle banche. Ciò è stato evidente anche dall’agenda del convegno Abilab dove si è visto poca presenza di testimonial di banche innovative estere, nessuna fintech presente ,  premiazioni di progetti che seppur interessanti vanno nella direzioni evolutive e nei filoni già visti in molte banche confermando l’attitudine del “me too”.

Il   potenziale disruptive dei nuovi  player che arrivano dalle  fintech e da grandi player del digitale o da altri settori non è ancora sentito da tutte le banche italiane : l’urgenza del cambiamento deve ancora pervadere la struttura intera di molte banche.  Ciò è diventato  evidente dall’interessante confronto con alcuni dei principali attori del fintech lending  crowdfunding in italia (Cashme, Borsadelcredito, Workinvoice, Lendix etc.):  le imprese  in particolare le PMI sono alla ricerca  di servizi e  modelli innovativi per il credito che facciano uso estensivo di dati e informazioni operative  ormai disponibilii, per disegnare   modelli di rischio  più efficaci  e che permettano di erogare il credito con  livelli di servizio e time to market più semplici e veloci ma anche più affidabili.  Le esperienze mostrate e l’approccio illustrato, hanno riconosciuto come questo segmento dei servizi finanziari   sarà ,anche in Italia,  un terreno di competizione ma anche  di collaborazione con le banche tradizionali che vogliono percorrere strade innovative nella relazione con le  imprese italiane

 

Il 2017 sarà quindi   l’anno della “resa dei conti”  per le banche italiane?  Ne discuteremo al Banking Summit del 21-22 Settembre.

 

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