DIGITAL ITALY
In un paper dello scorso 15 giugno a cura dell’ex direttore degli Affari economici europei Marco Buti e dell’economista Marcello Messori è stato calcolato che le risorse che l’Italia potrebbe ottenere dall’Europa supererebbero la cifra dei 230 miliardi di euro, un valore pari a circa il 13,5% del PIL nazionale. Nel dettaglio si tratterebbe di 172 miliardi provenienti dal Recovery fund, 29 miliardi dal fondo antidisoccupazione Sure e 35 miliardi dalla Banca europea per gli investimenti (BEI). A questi andrebbero eventualmente aggiunti i 37 miliardi del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) che, come ben noto, in Italia sta provocando accesi dibattiti.
L’entità delle risorse è senz’altro significativa ma pone il Paese di fronte ad una sfida non nuova, più volte affrontata in passato con scarsi successi: saper dimostrare che la fiducia europea è stata ben riposta e, quindi, iniziare ad agire sin da subito per lavorare ad un piano strutturato volto ad un utilizzo strategico e soprattutto rapido dei fondi stanziati. Lo scorso 17 giugno, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato al Parlamento che il governo presenterà il suo Recovery plan il prossimo settembre «così da farsi trovare pronti all’arrivo dei fondi europei» (l’arrivo dei finanziamenti è atteso nel 2021).
Ad ogni modo, perché l’Italia possa accedere a buona parte di queste risorse dovrà considerare di utilizzarle in due ambiti strategici, quello dello sviluppo tecnologico e green del Paese, lavorando alla costruzione di un’Italia digitale e sostenibile. Se, infatti, un primo insieme di riforme dovrebbe essere volto al recupero dell’ancora troppo grave divario digitale che separa l’Italia dal resto dell’Europa (e in maniera ancora più accentuata da USA e Cina), dall’altro sarebbe necessario introdurre nuove disposizioni per fare sì che le condizioni della ripresa spianino la strada ad uno sviluppo sostenibile (sia dal punto di vista sociale che economico ed ambientale).
Fonte: Affari e Finanza, La Repubblica, 2020
In effetti l’Italia aveva già fatto del digitale uno dei punti principali del rilancio del Paese, una tematica ampiamente discussa anche nel Piano Colao. Acceleratore di questa forte attenzione è il ruolo strategico svolto dal digitale durante il lockdown: in assenza di determinati strumenti e soluzioni si sarebbe verificato un vero e proprio collasso della società (oltre che di tutto il tessuto produttivo del Paese).
Nel dettaglio tra le principali proposte del Piano si rileva:
La ricostruzione dell’Italia, dunque, avverrà a partire da strumenti e fenomeni che più si sono dimostrati essenziali nel corso dell’emergenza. Se, come più volte affermato, in piena crisi pandemica il vero alleato è stato quello tecnologico, adesso obiettivo del Governo (e dell’Unione Europea) è di fare di necessità virtù, impegnandosi (più che nella ricostruzione) nella costruzione, supportando lo sviluppo di un Paese in grado di garantire servizi digitali e, soprattutto, democratici. L’obiettivo, a lungo trascurato in Italia, è piuttosto ambizioso ma chiedersi come il Paese avrebbe vissuto la fase critica della crisi pandemica senza il supporto tecnologico è inevitabile: sarebbe stata garantita un’altrettanta continuità e operatività dei servizi e delle attività? Proveremo a darci delle risposte il prossimo 30 giugno in occasione della web conference “Tecnologie digitali per chiudere l’emergenza e per la ripresa del paese”, organizzata da The Innovation Group nell’ambito del Digital Italy Program e a cui parteciperanno autorevoli economisti, esperti e leader dell’industria ICT e del mondo digitale.