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AI vs cervello umano: la lezione di Mario Rasetti

N. Novembre 2018

a cura di Carmen Camarca
Analyst, The Innovation Group

Questo mese abbiamo fatto colazione con…
Mario Rasetti, presidente della Fondazione ISI

L’innovazione tecnologica sta ponendo questioni complesse a cui diventa sempre più difficile dare risposta: in particolare si sta verificando un profondo cambiamento culturale destinato ad impattare gli individui, il loro “sapere” e il loro lavoro. In questo contesto è importante analizzare le nuove sfide etico-morali cui andremo incontro, così da affrontarle al meglio, evitandone eventuali effetti “catastrofici”. Per questo motivo abbiamo intervistato Mario Rasetti, presidente della Fondazione ISI, che ci ha fornito la sua visione in merito.

L’intelligenza artificiale sta provocando un profondo cambiamento verso un mondo più complesso ma “governabile”. In che modo? Serviranno nuovi strumenti per farlo?

Uno dei dati più preoccupanti è il fatto che stanno per accedere a Internet almeno 3 miliardi di persone in più rispetto a quelle che già vi accedono oggi, che sono circa due miliardi e mezzo; tale cambiamento, di vasta portata, avverrà nell’arco di sei/sette anni. I nuovi arrivati accederanno ad una forma di Internet molto più evoluta rispetto al passato, tuttavia c’è da chiedersi se questo “nuovo” Internet si presenterà come uno strumento, utopico, che cercherà di educare la gente e di creare nuove forme di educazione o come una macchina commerciale, e cioè una macchina che produce valore economico e che cercherà di catturare quante più persone sul mercato. Quindi la domanda da porsi è: Internet può dare accesso ad un sapere straordinario o renderà l’utente un consumatore? E nel caso in cui Internet si trasformerà in una macchina commerciale che linguaggio adotterà per catturare le persone?

Un altro problema serio, in questo contesto, è quello della democrazia: la democrazia deve essere adeguata al digitale, ma questo processo non sarà privo di pericoli; a mio giudizio non si stanno attuando le misure necessarie, mi sembra che ci sia un’ effettiva tendenza alla de-democratizzazione che va fermata.

Quindi verso quale strada ci stiamo muovendo?

Stiamo andando verso soluzioni che promuovono l’instabilità socio-politica e non la serenità. Questo nasce dal fatto che nella società c’è una dinamica complessa, generata dalla crescita delle interazioni fra gli individui. Il sistema che si sta definendo è quello che in tecnologia si chiama “sistema complesso” e, come la teoria del caos deterministico ci insegna, un sistema complesso può essere disciplinato solo con regole altrettanto complesse.

A fronte, dunque, di questo profondo cambiamento culturale che ci accingiamo ad affrontare, quali sono le reazioni che dobbiamo aspettarci? La sfida per il futuro sarà creare nuove fonti di conoscenza per generare nuovo sapere e al contempo reinserire nella macchina sociale i “disoccupati tecnologici”. Quali strumenti adottare per affrontarla meglio?

La situazione che oggi stiamo vivendo è simile a quanto è avvenuto in Inghilterra nel 1750 con l’avvento della macchina a vapore, quando ci fu una rivolta violentissima da parte dei luddisti, la cui attività era stata particolarmente penalizzata dalla nascita delle nuove fabbriche; tuttavia la reazione sarà differente, perché oggi abbiamo a che fare con una civiltà più evoluta. Per evitare impatti troppo violenti bisogna riuscire a trovare un modello sociale che crei una ridistribuzione equa della ricchezza e del lavoro.

Un altro aspetto, tuttavia, è che la rivoluzione che stiamo vivendo è sia industriale, quindi tocca il lavoro in quanto distribuzione del lavoro fra gli individui, ma è anche e soprattutto una rivoluzione culturale.

Oggi ci sono molte categorie lavorative a rischio, perché di fatto ci sono alcune azioni che l’intelligenza artificiale svolge in maniera più efficace ed efficiente rispetto all’uomo.

Dobbiamo dare ai robot una capacità di apprendimento sempre più raffinata, ma prima ci dovrà essere una fase transitoria in cui si assisterà ad un’interazione fra uomini e computer/macchine, in modo che gli uomini portino la loro conoscenza alle macchine, nel frattempo si educano i giovani, facendoli entrare in questa nuova cultura in cui si impara, si crea e si comunica in modo diverso.

È vero che in futuro vedremo sparire molti degli attuali lavori, ma è anche vero che, se saremo bravi, se ne creeranno altri, fondati, appunto, su intelligenza artificiale e digitale. Le dirò, il cervello è la cosa più bella, grande e irripetibile che ci sia, non ci sarà mai una macchina come il cervello.

L’avvento di Internet e delle enciclopedie online ha promosso una maggiore diffusione della cultura, ma in che modo questo sta avvenendo? Come si svilupperà? La capacità di riflessione delle persone sarà minore o maggiore? Come cambierà la capacità di riflessione delle persone?

Il cervello si adatta. Oggi noi viviamo in un ambiente sempre più complesso ed esigente, la velocità di reazione che ci viene richiesta è aumentata moltissimo in pochi anni: si pensi che il quoziente di intelligenza dei bimbi fra 0 e 4 anni esposti al digitale è più alto di quello delle altre generazioni.

Non c’è dubbio che il nostro cervello stia cambiando, noi siamo in mezzo a un meccanismo di evoluzione della specie che c’è sempre stato ma che adesso è più veloce.

L’innovazione tecnologica ha comportato numerosi cambiamenti anche nell’ambito dell’istruzione e della formazione. Quali saranno le figure professionali richieste? Oggi c’è molto dibattito, c’è chi dice che c’è bisogno di skills tecnico scientifiche e chi dice che la formazione umanistica serve ancora.

Internet è un nuovo strumento di comunicazione e trasmissione delle idee, nonché di acquisizione di conoscenze, che tutti devono usare. Dobbiamo fare in modo che questo nuovo strumento promuova nuove forme di creatività, esattamente come è avvenuto con l’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg. In questo contesto il compito dei docenti sarà tremendo, perché loro stessi non sono pronti.

 

 

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