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Digital Wealth Management: come cambia l’industria nell’era post Covid

Quali trend impatteranno l’industria del wealth management nel «New Normal»? Ne abbiamo parlato lo scorso 23 febbraio al Digital Wealth Management di The Innovation Group.

L’esperienza del Covid-19 ha provocato profonde trasformazioni anche nel business delle industrie dell’asset e wealth management, portando ad un’evoluzione in chiave digitale della relazione cliente-consulente e delle modalità di interazione dei clienti con le reti e le banche. In questo contesto quale sarà lo scenario futuro? Quali opportunità si creano per gli attori del settore? Se ne è discusso al Digital Wealth Management organizzato lo scorso 23 febbraio da The Innovation Group.

Nel suo intervento introduttivo alla web conference, Maurizio Primanni, Presidente & Founder Excellence Consulting ha affermato come la drammatica esperienza della pandemia vissuta nell’ultimo anno modificherà notevolmente il modo di lavorare dei consulenti finanziari. Una delle principali conseguenze di tale trasformazione sarà l’affermazione della figura del consulente finanziario digitale la cui relazione con il cliente evolverà in un formato ibrido, in cui verrà mantenuta la componente di fiducia che permette alla relazione fisica di essere apprezzata ma che sarà caratterizzata anche da elementi tipici della relazione digitale (possibilità di comunicare a distanza/da remoto, di relazionarsi con i clienti in maniera molto più efficiente). Tale cambiamento nelle modalità di lavoro induce il consulente ad acquisire nuove competenze a partire dall’individuazione di un framework di tecniche di comunicazione del tutto diverse dalle precedenti (nella relazione digitale diventa essenziale il linguaggio non verbale).

Per il consulente finanziario, inoltre, inserire l’utilizzo degli strumenti digitali nel proprio metodo di lavoro permette di intercettare i desiderata dei propri clienti oltre che di approcciare a nuovi segmenti di clientela: per tali ragioni è prevista nei prossimi anni una sempre maggiore attenzione alla gestione efficiente dei dati.

L’importanza di fare data mining per comprendere come sfruttare al meglio i dati per effettuare personal branding sui clienti è stata confermata anche dalle esperienze di alcune realtà bancarie (Banca Generali, CheBanca! S.p.A – Gruppo Mediobanca, Unicredit, Banca Euromobiliare) dalle quali è emersa appunto la rilevanza di avere un corretto positioning rispetto alla tipologia di clientela (private, retail, ecc..) così da studiare soluzioni personalizzate per un determinato segmento.

In realtà bisogna specificare che, come riportato da Giovanni Sandri, Country Head, BlackRock Italia, «la consulenza tradizionale è in grado di dare un servizio personalizzato che però riguarda poche persone, altrimenti diventerebbe poco sostenibile dal punto di vista economico». Tuttavia, «applicare lo strumento tecnologico (soprattutto AI e Big Data) consentirebbe di effettuare analisi sempre più granulari e micro clusterizzate, oltre che monitorare costantemente i bisogni dei clienti (rilevandone eventuali cambiamenti) ed effettuare una customizzazione in scala, riuscendo, dunque, ad erogare un servizio personalizzato per un’utenza ampia». È questa, infatti, per Sandri la vera sfida dell’industria del wealth management, obiettivo per il cui raggiungimento è richiesto un approccio strategico all’utilizzo del digitale e della tecnologia (ciò che di fatto si sta verificando in seguito all’emergenza pandemica, mentre prima prevaleva un approccio principalmente tattico). Sul tema è intervenuto anche Michele Cumin, Regional Vice President – Head of FinServ Italy, Salesforce, secondo cui «due sono i principali cambiamenti che si rilevano nell’ambito del wealth management: le aspettative dei clienti e la produttività degli agenti e dei private banker». Per Cumin, inoltre, «sempre di più il cliente si aspetta un’interazione fluida tra il mondo digitale (le app) e il mondo fisico (il banker)».

Come già anticipato, adottare nuovi linguaggi digitali rappresenta un’opportunità anche in relazione alla possibilità di intercettare nuovi clienti (si pensi, ad esempio, alle nuove generazioni che sono native digitali). Al riguardo soluzioni innovative vengono offerte da Oval che permette di monitorare le proprie spese e di accumulare risparmi in modo automatico tramite smartphone, oltre che di investire il proprio denaro in diversi prodotti finanziari (in particolare si punta ad un target che il wealth management tradizionale fa fatica a raggiungere) e di Flowe, servizio fintech che si propone di coniugare innovazione e sostenibilità nonché di educare la next generation ad adottare un nuovo paradigma dell’innovability, ovvero dell’innovazione funzionale. Per il futuro si può ipotizzare una collaborazione tra questi nuovi player e gli incumbent? Per Benedetta Arese Lucini, Co-Founder & CEO di Oval Money, «senz’altro partnership di questo tipo hanno dei risvolti positivi (lavorare con società che fanno già asset management o che lavorano nel mondo bancario è comunque utile e aiuta ad accelerare la crescita rispetto a tantissimi prodotti che si possono offrire al cliente), tuttavia il mercato è estremamente regolato e si rileva sempre un forte gap tra le startup (maggiormente disposte a prendere dei rischi) e gli incumbent che si espongono meno». Ad ogni modo, come riportato da Ivan Mazzoleni, CEO, Flowe, «adottare nuovi linguaggi digitali vuol dire aggregare le attuali esperienze in una logica ecosistemica».

Un’ulteriore trend che sta impattando (e sempre più impatterà) l’industria del wealth management e di cui si dovrà tener conto soprattutto in fase di costruzione dei portafogli di offerta riguarda la forte attenzione agli investimenti ESG (fenomeno rilevabile già prima della pandemia) e dedicati all’economia reale (aspetto che si è andato affermando di recente), tematiche verso cui i clienti stanno diventando sempre più sensibili (anche se il mercato italiano prosegue in maniera più lenta rispetto allo scenario internazionale), un cambiamento che si deve intercettare, interpretare ed affrontare.

Ecco, dunque, che applicare lo strumento digitale all’industria del wealth management offre notevoli opportunità per l’intero settore: dalla possibilità di creare prodotti ad hoc per determinate tipologie di clientela all’opportunità di sviluppare nuove modalità di interazione, promuovendo lo sviluppo di un nuovo approccio alla consulenza. Tuttavia, se da un lato si rilevano nuove aree di intervento e cambiamenti repentini, dall’altra persistono delle resistenze che andranno superate in maniera piuttosto veloce. Ciò appare ancora più necessario se si confronta il mercato italiano con lo scenario internazionale: ad esempio si rileva come negli USA i consulenti che approcciano agli strumenti digitali siano in grado di creare portafogli di qualità e maggiormente redditizi. Allo stesso modo, come riportato da Massimo Antonello Piancastelli, Chairman Of The Board, Yi Tsai Wealth Management e Responsabile Wealth Management Development China, Intesa Sanpaolo, in Cina il modello finanziario si è adattato ad un’abitudine digitale dei clienti già esistente (a differenza del mercato italiano ed europeo). Infatti, quella cinese è ormai una cashless society, poiché tutti i pagamenti avvengono attraverso le due piattaforme che sono Alipay e WeChat Pay che hanno di fatto monopolizzato il mercato dei pagamenti, un fenomeno che coinvolge tutta la popolazione, indipendentemente da età e classe sociale. Infine, diverse esperienze e statistiche del mercato anglosassone riportano come sia frequente l’utilizzo di piattaforme di CRM nel mondo della consulenza: in questo senso un’ulteriore sfida per il mercato italiano sarà anche la creazione di un CRM integrato e condiviso.

La consulenza finanziaria per gli imprenditori italiani costruita con il digitale

La pandemia ha rappresentato un’importante occasione per riflettere su alcune tematiche relative ai modelli di servizio diffusi tra banche ed imprese nel periodo pre Covid. A riportarlo è stato Carlo Giausa, Head of Investments & Private Banking, Banca Sella Holding che ha ricordato come, nonostante diverse difficoltà, si sia riusciti a supportare gli imprenditori, aiutandoli ad interagire da remoto con i propri clienti e a spostarsi sui canali e-commerce, attività rese possibili soprattutto grazie all’aiuto di società partecipate e partnership commerciali.

«Quest’anno – ha affermato Mauro Massironi, Head of Sales, Azimut Wealth Management – sono aumentati i touchpoint tra clienti e imprenditori». «In questo modo – ha proseguito Massironi – gli imprenditori hanno iniziato a vedere nel mercato nuove opportunità in precedenza non prese in considerazione, un cambiamento in cui il ruolo del consulente è stato fondamentale». Quali trend impatteranno ulteriormente la relazione tra banca e imprenditore? Per Massimiliano Nannetti, Head of Private Banking Network, Banca Aletti, «ad assumere rilevanza è stato soprattutto il tema del passaggio generazionale: ciò è avvenuto soprattutto durante il lockdown quando alcune delle attività produttive si sono fermate per poi riprendere gradualmente il ciclo, un periodo in cui molti imprenditori hanno avuto più tempo per riflessioni di questo genere».

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