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Lavoro agile, IT sostenibile e Gaia X: le ultime novità

N. Giugno 2021
        

a cura di Carmen Camarca 
Analyst, The Innovation Group 

 
Anche una volta terminata l’emergenza, lo smart working non scomparirà. Il lavoro ibrido, in cui si mescolano giornate in presenza in ufficio (o su altro luogo di lavoro) e giornate trascorse davanti al Pc di casa, sarà una realtà permanente per il 70% delle aziende europee e statunitensi, secondo le previsioni di Forrester Research.

Il sondaggio ha indagato due temi in particolare, cioè quelli dei vaccini e della privacy dei dati sanitari. Sui vaccini c’è un ottimismo solo parziale: il 47% dei lavoratori statunitensi e il 54% di quelli europei crede che non possano bloccare completamente la diffusione del coronavirus. Solo il 34% dei professionisti europei e il 39% degli statunitensi si aspetta che la propria azienda si prenda carico dei programmi vaccinali dei propri dipendenti.

La tendenza viene confermata anche dal report “The Born Digital Effect” di Citrix Systems secondo cui lo smart working resterà un’opzione in molte aziende anche a fine pandemia, mescolandosi al lavoro in presenza per creare uno scenario “ibrido”. Nel dettaglio, l’analisi mostra che solo una piccola parte dei nativi digitali desidera tornare in ufficio o in altro luogo di lavoro a tempo pieno, preferendo la libertà e la flessibilità dello smart working. Infatti, sui duemila dipendenti intervistati (750 appartenenti alla Gen-Z e 1.250 Millennials), solo il 10% vorrebbe tornare a tempo pieno al lavoro in presenza, tutti gli altri preferiscono la modalità “ibrida”, variamente concepita. Più della metà, potendo scegliere, lavorerebbe per la maggior parte del tempo da casa, mentre il 18% darebbe più spazio alle ore e giornate trascorse sul luogo di lavoro ma senza rinunciare a una porzione di smart working.

I dati Eurostat

Le misure di distanziamento sociale introdotte in risposta alla pandemia di Covid-19 hanno costretto molte persone a lavorare da casa. Nel 2020, il 12,3% degli occupati di età compresa tra 15 e 64 anni nell’Ue ha lavorato da casa, sebbene questa quota fosse rimasta costante intorno al 5% negli ultimi dieci anni. E’ quanto risulta dai dati pubblicati dell’Eurostat. La percentuale italiana nel 2020 è stata del 12,2%. Negli anni precedenti, la quota di lavoratori autonomi che lavorava abitualmente da casa era stata costantemente superiore a quella dei lavoratori dipendenti. Tuttavia, il divario si è ridotto nel 2020 poiché la quota dei dipendenti in smart working è aumentata dal 3,2% nel 2019 al 10,8%, mentre la quota dei lavoratori autonomi è aumentata in misura minore: dal 19,4% nel 2019 al 22% nel 2020.

Per quanto riguarda i Paesi, la Finlandia, con il 25,1% è in cima alla lista degli Stati membri dell’Ue per il lavoro a domicilio. Seguono Lussemburgo (23,1%) e Irlanda (21,5%). Al contrario, le percentuali più basse di lavoratori da casa sono state segnalate in Bulgaria (1,2%), Romania (2,5%), Croazia (3,1%) e Ungheria (3,6%).
 

 
IT sostenibile: il nuovo report Capgemini

Oltre la metà delle aziende oggi ha sviluppato un approccio operativo teso alla sostenibilità, ma meno di una su cinque è dotata di una strategia IT sostenibile ad ampio spettro. Mentre sono proprio le organizzazioni che hanno studiato una roadmap completa per accelerare l’implementazione di un IT sostenibile ad ottenere una maggiore customer satisfaction (56%), un risparmio in termini di imposte (44%), ma soprattutto i punteggi migliori in ambito Esg (61%). È quanto emerge dal report Sustainable IT: Why it’s Time for a Green Revolution for your Organization’s IT del Capgemini Research Institute.

Sono state intervistate 1.000 organizzazioni con un fatturato annuo di oltre 1 miliardo di dollari per comprendere le loro prospettive in tema di IT sostenibile ed hanno partecipato aziende appartenenti ai settori assicurativo, retail, dei prodotti di consumo, banking, energy e utility, life sciences e sanità, automotive, telco, manifatturiero, dei servizi tecnologici, e il settore pubblico.

L’analisi mostra, inoltre, come solo il 22% del campione preveda di ridurre di oltre un quarto la propria impronta di carbonio attraverso l’IT sostenibile nei prossimi tre anni. Da una parte quindi la sostenibilità è effettivamente nell’agenda dei “to do” aziendali, dall’altra non è ancora del tutto chiaro che anche l’IT aziendale debba essere sostenibile per garantire all’azienda di esserlo.
 
Il mercato televisivo italiano: i dati Auditel

Una grande corsa mondiale al “nuovo oro televisivo”, con processi di concentrazione e alleanze trasversali senza precedenti. Uno squilibrio tra globale e locale scatenato dall’irrompere sul mercato dei giganti OTT. E, contestualmente, favorito dalle nuove tecnologie di accesso e dalla crescita esponenziale degli schermi, un grande cambiamento sul fronte dei consumi TV: nuovi fruitori (Millennials e Generazione Z), nuovi comportamenti di fruizione, nuove abitudini di visione. Con una forte crescita della cosiddetta “TV fuori dal televisore”, ovvero della visione di contenuti televisivi, live e on demand, su smartphone, tablet e personal computer. È questa la sintesi della Relazione al Parlamento 2021 che il Presidente di Auditel, Andrea Imperiali, ha tenuto al Senato illustrando l’andamento del mercato televisivo.

Imperiali ha affermato che “il 2020 sarà ricordato come l’anno in cui la popolazione italiana, segregata dal Covid-19, ha compiuto un gigantesco balzo sul fronte della digitalizzazione, dotandosi di nuovi collegamenti internet e di nuovi device; imparando velocemente a governarli; avviando una fruizione più consapevole dei contenuti multimediali”. Ma il Presidente di Auditel non ha mancato di sottolineare “una inquietante zona d’ombra: 3,5 milioni di famiglie italiane ancora non dispongono di una connessione alla rete; famiglie che rischiano, nel nuovo contesto, di essere totalmente emarginate dalle dinamiche sociali in atto”. Imperiali ha poi messo l’accento sulla crescente concentrazione del mercato TV dovuta “all’irrompere di soggetti con dimensioni di scala globali e che sfuggono a ogni forma di regolamentazione e controllo” con “un aumento della pressione competitiva sugli operatori tradizionali”.

La combinazione di questi fattori sta radicalmente ridisegnando l’industria televisiva, ma, avverte il Presidente di Auditel, “non è un level playing field”. Non si sta assistendo, cioè, ad una normale e normata competizione. Piuttosto si assiste al consolidarsi, giorno dopo giorno, a condizioni di concorrenza asimmetriche e sempre meno eque ed uniformi, accentuate, inoltre, da uno squilibrio crescente tra la dimensione globale e quella locale degli operatori europei. “Non è esagerato dire – ha aggiunto – che, se non interverranno correttivi quanto mai urgenti, la cosiddetta democrazia digitale rischia di essere inghiottita da una oligarchia dispotica”.

 

Digital Italy

La quota di utenti di Internet che si è relazionata via web con la PA “è pari al 36,3%, rispetto ad una media europea del 64%”. Lo sostiene l’Istat in audizione alla Commissione parlamentare sulla semplificazione delle procedure amministrative connesse all’avvio e all’esercizio delle attività di impresa. Per gli utenti di internet, l’incremento maggiore si è osservato per lo “scaricare moduli” (29%, contro il 21% del 2019); l’incidenza del “cercare informazioni sui siti della PA” è salita invece al 27% (dal 24%), l’”invio di moduli alle PA” al 21% (dal 18%).

Dove l’uso del web è più diffuso, sottolinea l’Istat, si registra un utilizzo di altri servizi, ad esempio quelli bancari, maggiore di quello registrato per la PA. Quindi “questo ritardo nell’adozione del web per relazionarsi con la PA” non è dovuto solo in una mancanza di cultura del digitale da parte dei cittadini, ma anche al “livello di fruibilità, usabilità e sicurezza dei servizi messi a disposizione dalla Pubblica Amministrazione, che possono rallentare il processo di interazione online tra cittadini e pubbliche amministrazioni”. Va, tuttavia, chiarito che quasi il 40% dei Comuni “utilizza ancora procedure analogiche quali timbri, firme autografe, ecc. per almeno il 50% della produzione documentale”. “Nonostante gli avanzamenti registrati – spiega l’Istat – la diffusione dei servizi comunali gestiti interamente online è ancora limitata, soprattutto nei Comuni più piccoli”. Per quanto riguarda l’offerta online dei servizi dei Comuni si evidenzia “un generale miglioramento della disponibilità di strumenti”: passa dal 33,9% del 2015 al 48,3% (era il 18,9% nel 2012) la percentuale di Comuni che offrono la possibilità di avviare e concludere online l’intero iter di almeno uno dei 24 strumenti analizzati.

Nel frattempo, però, cresce l’app IO. A poco più di un anno dalla sua introduzione sugli app store nella primavera del 2020, oltre 5 mila enti pubblici, a partire dai Comuni, hanno portato più di 12 mila servizi su questo nuovo canale digitale a disposizione di cittadini e PA. Interessante, inoltre, notare che i dati relativi alla diffusione dell’app evidenzino una progressiva adozione della piattaforma da parte delle pubbliche amministrazioni su tutto il territorio nazionale, con un’accelerazione registrata dall’inizio del 2021. Solo nell’ultimo mese, ogni giorno fanno il loro ingresso nell’app quasi 30 enti che rendono disponibili circa 50 nuovi servizi. Oltre il 95% degli enti oggi presenti su IO è costituito da comuni piccoli e grandi di tutta Italia, i quali hanno avviato il percorso di integrazione dei propri servizi digitali nell’app per migliorare il rapporto tra lo Stato e la cittadinanza digitale.

La tipologia di servizi pubblici a livello comunale presenti in app vanno dall’invio sicuro e personalizzato ai propri utenti di messaggi di notifica e avvisi di pagamento di varia natura, tuttavia quasi un servizio su tre attualmente si riferisce all’anagrafe, mentre quasi uno su quattro dei servizi già integrati riguarda i tributi, la scuola e la mobilità, dagli avvisi sulla scadenza del pass per l’area ZTL al pagamento delle odiate multe.

 

Parte l’hub nazionale italiano Gaia-X

E’ stato annunciato il lancio dell’hub italiano di Gaia-X, l’iniziativa europea per la creazione di un sistema di cloud basato su criteri e standard comuni di gestione dei dati e dei servizi, che ha come finalità lo sviluppo della “data economy”.

Il progetto Gaia-X, lanciato circa un anno fa da Francia e Germania per poi coinvolgere altri paesi europei, punta a favorire l’interoperabilità e la portabilità nell’ambito del cloud, che sono oggi l’ostacolo principale alla diffusione dell’uso del cloud in Europa, come spiegato dal presidente di Gaia-X, Hubert Tardieu.

I paesi europei aderenti all’iniziativa costituiscono un hub nazionale, che funge da punto di contatto per le organizzazioni e le imprese interessate a partecipare al progetto. È importante che l’Italia entri ufficialmente nel progetto perché è un momento di collaborazione tra imprese e Pubblica Amministrazione ma anche perché si tratta di un progetto europeo di autonomia strategica digitale”, ha spiegato il ministro all’Innovazione Vittorio Colao.

 

Cybersecurity

Gli hacker russi avrebbero violato il software di Ong legate all’agenzia governativa per gli aiuti internazionali Usaid. Lo scrive nel suo blog il vicepresidente di Microsoft, Tom Burt. Il collettivo Nobelium, con ogni probabilità dietro al cyber-attacco dell’anno scorso alla società privata americana SolarWinds, ha inviato e-mail fraudolente a più di tremila account di oltre 150 ong e think tank legate all’agenzia, sparse in 24 Paesi.

Come con SolarWinds, gli hacker di Nobelium, legati all’intelligence russa, hanno usato una “porta di servizio” denominata NativeZone in grado di fornire un accesso illimitato ai software dei destinatari, quasi tutti critici di Mosca e sostenitori del dissidente russo Navalny – scrive Burt – “Questa settimana abbiamo registrato attacchi informatici da parte di Nobelium, contro agenzie governative, think tank, consulenti e organizzazioni non governative”.

Almeno un quarto delle organizzazioni prese di mira sono coinvolte nello sviluppo internazionale, nelle questioni umanitarie e nel lavoro sui diritti umani, ha affermato Burt.

Nel frattempo Akamai ha pubblicato il security report sullo Stato di Internet: “Il phishing nel settore finanziario“ che fornisce un’analisi del traffico degli attacchi di credential stuffing e alle applicazioni web sferrati contro i servizi finanziari a livello globale, rivelando un notevole aumento delle superfici di attacco su base annua dal 2019 al 2020.

Nel dettaglio, nel 2020, Akamai ha registrato 193 miliardi di attacchi di credential stuffing a livello globale, di cui 3,4 miliardi hanno colpito specificamente le organizzazioni di servizi finanziari, con un aumento di oltre il 45% annuo nel settore. Akamai ha osservato, inoltre, quasi 6,3 miliardi di attacchi sferrati contro le applicazioni web nel 2020, di cui oltre 736 milioni mirati ai servizi finanziari, il che rappresenta un aumento del 62% rispetto al 2019.

Trade war USA-Cina

Fuori dalla lista nera voluta dall’Amministrazione Trump, in cui restano la rivale Huawei e Zte, confermate a marzo. La big tech cinese Xiaomi, terzo produttore mondiale di smartphone (secondo in Europa) e ormai nuovo attore nell’affollata arena della corsa all’auto elettrica, ha registrato un balzo del titolo al Nasdaq dopo che sono state revocate tutte le restrizioni sui cittadini statunitensi che acquistano o detengono le sue azioni.

 

 

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