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Il Sogno dell’Integrazione

N. Giugno 2020
        

a cura di Roberto Masiero 
Presidente, The Innovation Group 

 

Agenda digitale, infrastrutture e piattaforme pubbliche alla prova dell’emergenza

“Vorrei che nella PA ci ponessimo l’obiettivo di uno Smart Working a regime del 30/40%” – Fabiana Dadone, Ministro per la Pubblica Amministrazione

L’arrivo di Covid-19 ha sconvolto qualunque agenda politica o economica sviluppata nei mesi scorsi. E fondamentale è stato il ruolo delle tecnologie digitali per garantire la continuità dei servizi essenziali, il funzionamento degli ospedali, delle scuole, di molte imprese, della Pubblica Amministrazione, dello stesso Governo.

Allo stesso tempo, la crisi ha messo in evidenza il ruolo dello Stato e delle amministrazioni locali e regionali per una serie di temi di importanza cruciale: dalla gestione dell’emergenza sanitaria al presidio del territorio e dei servizi essenziali, dalla tutela della salute dei lavoratori alla gestione dell’emergenza sociale e al sostegno all’economia e alle imprese.

Ma quale sarà il ruolo dello Stato ora che stiamo uscendo dall’emergenza? Alcuni pensano al ritorno di uno “Stato Imprenditore”, rievocando un filo rosso che parte dall’IRI di Romano Prodi fino alle ultime teorizzazioni di Mariana Mazzuccato. Altri propendono per uno Stato distributore di “helicopter money”, un ruolo certamente utile per sopravvivere nell’emergenza ma inadatto a rilanciare l’economia. Altri pensano che torneremo semplicemente all’equilibrio precedente – ipotesi assai improbabile dopo “i cento giorni che sconvolsero il mondo”.

Rimandiamo la riflessione sulle politiche industriali per l’innovazione digitale del Paese al percorso che ci porterà al “DIGITAL ITALY SUMMIT 2020” di Roma del prossimo 19/20 Ottobre. In questo articolo vorremmo focalizzarci invece su come la Pubblica Amministrazione ha reagito alla crisi e su ciò che abbiamo imparato.

Nel suo recente intervento alla Web Conference organizzata da The Innovation Group, il Ministro per la Pubblica Amministrazione si è soffermata su tre punti:

1) Il bilancio sullo Smart Working nella PA nella fase dell’emergenza.

Si è trattato di un passaggio rapidissimo da uno smart working assai limitato in via ordinaria al 90 % del personale al lavoro da remoto: che non è ancora “lavoro agile”, ma che ha consentito comunque  di passare da una sperimentazione un po’ titubante alla gestione dell’emergenza, su cui si è intervenuti con norme di semplificazione, accelerazione dell’acquisto di beni e servizi informatici attraverso procedure semplificate per consentire di acquistare soprattutto servizi cloud

2) Come traghettare la PA alla fase successiva? Il Ministro ha affermato: “Vorrei che nella PA ci ponessimo l’obiettivo di uno Smart Working a regime del 30/40%”.

Occorre dunque operare sulla formazione e sul capitale di conoscenze del personale della PA, e un primo passo importante è stato fatto con l’abolizione dei vetusti limiti alle spese per la formazione per il personale degli enti locali. La sfida più dura sarà però quella del cambiamento culturale dei Dirigenti che devono imparare a riorganizzare il lavoro per obiettivi e a passare dalla logica dell’adempimento alla logica del risultato – e del corrispondente cambiamento nella valutazione delle loro performance.

3) Come si semplifica la Pubblica Amministrazione?

Secondo il Ministro, innanzitutto occorre vincere la sfida della banda larga, che è ancora a macchia di leopardo e che deve essere portata a termine.

E infine si tratta di dare attivazione al principio dello “Once only” ( do you remember Bassanini?), che rimarrà lettera morta finchè non si saranno fatti gli accordi di fruizione sulle banche dati per permettere che queste si colleghino fra loro e per garantirne l’interoperabilità.

Che cosa dunque abbiamo imparato dall’emergenza? Per la verità, alcune cose le sapevamo già – ma hanno avuto schiacciante conferma – altre invece sono nuove acquisizioni.

Per reagire all’emergenza (oggi il Covid-19, domani qualsiasi altra emergenza , economica, sociale, ambientale) occorre innanzitutto mettere  in campo processi e sistemi informatici che permettano di avere il polso dell’organizzazione in tempo reale. È così che si costruiscono cruscotti per la gestione del territorio e delle emergenze.

E per questo occorre tenere presente tre principi:

  • Il valore dei dati è fondamentale, ma non ci si può improvvisare ( e in quest’area il nostro Paese si è fatto trovare impreparato, e deve recuperare rapidamente). E lo stesso può dirsi rispetto alle infrastrutture: “abbiamo imparato che non si può stendere il filo on demand” (Alfonso Fuggetta)
  • Qualsiasi sistema di dati deve rapportarsi a una struttura organizzativa in grado di utilizzarli e di valorizzarli
  • La fase di design delle modalità in cui utilizzare i dati deve essere sviluppata in una logica multidisciplinare, creando gruppi ristretti con dall’interno diverse competenze.

Inoltre, l’emergenza e la drammatica crisi che l’ha caratterizzata hanno messo in luce all’interno della Pubblica Amministrazione capacità di iniziativa spesso inaspettate.  Spesso l’urgenza della crisi ha portato operatori pubblici responsabili e appassionati a rompere le pastoie burocratiche, a inventare modi nuovi e più efficienti per risolvere i problemi dei cittadini nella Sanità, nell’Istruzione, nel modo stesso di organizzare il lavoro. Secondo l’espressione, cruda ma efficace, coniata da uno dei nostri speaker “L’emergenza ha consentito alle menti più brillanti della Pubblica Amministrazione di liberarsi, come diamanti incastrati nel carbone”.

 

Il futuro della PA:

Secondo Alfonso Fuggetta, “La Pa deve sparire e apparire solo quando serve.” Il problema non è digitalizzare i procedimenti esistenti, quanto semplificarli e, quando possibile, evitare che il cittadino sia costretto a farsi carico dei problemi dell’amministrazione. I certificati e le dichiarazioni, in particolare, non servono al cittadino: servono alle amministrazioni. La digitalizzazione non deve servire a creare sportelli digitali per richiedere certificati, quanto a far sì che le amministrazioni parlino tra loro e non chiedano nulla al cittadino.

Al contrario, le amministrazioni devono essere visibili quando il cittadino ha un bisogno suo, proprio, come nel caso di sanità, scuola, lavoro. Allora sì che le amministrazioni devono essere presenti per “servire” il cittadino e risolverne i problemi (non quelli delle amministrazioni)”.

Per fare questo cambio radicale di paradigma è necessario– e la Ministra Dadone è parsa esserne acutamente cosciente – superare l’incapacità delle nostre Amministrazioni di comunicare tra loro in forma digitale. È solo riuscendo ad integrare i back-end che i servizi applicativi per l’utente acquistano contenuti e significato. Se non si fa questo, i front-end sono destinati a pendere nel vuoto, come ponti spezzati.

Allo stesso tempo, come è accaduto nel caso della Sanità, si sta delineando una importante dialettica tra Centro e Periferia, con molte decisioni che oscillano e rispetto a cui non sono chiari gli esiti finali.

Poiché, il punto chiave del Piano Triennale, da cui dipende lo sviluppo integrato dei Sistemi centrali e locali della PA, è dato dalla integrazione dei Back-end, ci sembra importante che ad alcune domande sia data chiara risposta:

  • A che punto siamo con la Strategia dei Poli Strategici Nazionali?
  • A che punto sono gli accordi tra l’AGID e le Regioni, punto di snodo essenziale di qualunque strategia di integrazione?
  • In che modo ad esempio la APP IO andrà a correlarsi con le APP similari che varie Regioni stanno già rilasciando, e come e quando potranno convergervi i servizi forniti da tutti quei Comuni che non offrono i loro servizi in forma di APP?

Per questi e molti altri problemi similari la soluzione è ancora incerta; non sembrano tempi adatti a una riforma costituzionale che affronti il nodo irrisolto delle competenze e dei rapporti tra Stato e Regioni, e si ha l’impressione che certi temi vengano a volte affrontati con una logica di affermazione di potere tra Centro e Periferia piuttosto che di ricerca del bene comune.

In questa situazione si evidenzia sempre più l’esigenza di una forte leadership centrale con la responsabilità e l’autorità di pianificare, coordinare e monitorare l’esecuzione della strategia. Senza questa leadership, senza un vero e proprio “Czar Digitale”, il sogno dell’integrazione rischia di disperdersi tra infiniti tavoli e task force trasversali.

 

 

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