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Nella giornata delle donne, un 8 marzo che quest’anno è particolarmente drammatico di fronte alle immagini delle mamme ucraine costrette a fuggire con i propri figli, il tema della parità dei diritti in campo lavorativo resta comunque attuale. La fuga di massa degli ucraini (dal fatidico 24 febbraio, data di inizio dell’operazione militare russa nel Donbass, il conteggio dei profughi ha superato il milione e mezzo di persone) causerà strascichi di lungo termine di ogni genere, anche economici e occupazionali. Al dramma individuale delle famiglie spezzate si sovrapporrà, negli anni a venire, l’impresa di dover riprendere o riscrivere ex novo una vita lavorativa interrotta. Ecco perché non è inopportuno continuare a parlare della disparità di genere in campo lavorativo, anche durante una crisi militare e umanitaria gravissima, che sposta altrove le attenzioni del mondo.
Ed è immaginabile che purtroppo l’indice di disparità nel 2022 possa peggiorare ancora, dopo la batosta già inflitta dalla pandemia di covid. Nel suo “Gender Gap Report 2021”, il World Economic Forum ha calcolato che l’anno scorso, su scala mondiale, c’è stato un peggioramento: nel 2021 il percorso che punta alla parità di genere risultava completato al 68%, con un arretramento di 0,6 punti percentuali sul 2020. All’umanità serviranno ben 250 anni, sempre secondo il Wef, per azzerare completamente ogni disparità di genere sul fronte lavorativo.
In Italia, fortunatamente, per le donne abbondano le iniziative a supporto della formazione di competenze e dell’occupazione in campo Stem. Per esempio SheTech, no-profit che porta avanti corsi di formazione, bootcamp ed eventi di networking, organizzati in collaborazione con aziende del settore Ict e più in generale dell’universo digitale. “Il gender gap è un problema che colpisce il mondo del lavoro e il nostro settore in particolare”, testimonia Leo Pillon, Ceo del Gruppo Fortitude, azienda che collabora con SheTech. “Aumentare la presenza delle donne, col bagaglio di capacità che si portano dietro, aiuterebbe in maniera significativa il mondo Stem spingendolo verso un rapido sviluppo. Eppure sarà necessario un cambiamento di tipo culturale per combattere una tendenza troppo radicata, i numeri sono purtroppo molto chiari e la nostra volontà di aumentare le quote rosa in Fortitude spesso si scontra con la realtà e col fatto che solo il 10% dei curricula che riceviamo sono di donne. Se poi facciamo riferimento ai ruoli più tecnici, la percentuale scende addirittura al 2%”.
A livello internazionale, una delle organizzazioni più note e più attive nella formazione di competenze Stem per le donne è Women Who Code, che offre corsi dedicati alla programmazione software, promuove l’adesione a community tematiche e segnala opportunità lavorative. Strutturata su un’ottantina di reti cittadine sparse in giro per il mondo, l’organizzazione conta oltre 290mila associate. Nello stesso ambito, ma più focalizzata sulle giovani studentesse, opera l’organizzazione Girls Who Code, contando su centinaia di partnership con università del mondo (nessuna in Italia) e con aziende del calibro di Apple, Dell, Ibm, Microsoft e Sap.
“Cresce tra le bambine e le ragazze, in Italia e nel mondo, la consapevolezza del loro valore e del contributo che possono dare in ambito scientifico”, ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia- Europa di Save the Children. “L’acquisizione di una piena “cittadinanza scientifica” è considerata oggi da molte come un diritto fondamentale per rispondere alle sfide ambientali e della salute. Tuttavia il divario di genere è molto presente e si radica, sin dai primi cicli di istruzione, negli stereotipi, ancora oggi diffusi, che vorrebbero le ragazze poco portate verso le materie scientifiche e che bloccano sul nascere i loro talenti”.