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Il crisis management nei giorni del covid-19

N.  Maggio 2020
        

a cura di Elena Vaciago 
Associate Research Manager, The Innovation Group

 

Intervista a Stefano Scoccianti, Enterprise Risk Manager, Gruppo Hera

Quali sono le strategie che le aziende devono attuare per contenere i rischi in caso di pandemia? Come riorganizzare il lavoro, a cosa prestare attenzione in ogni fase dell’emergenza, quali criticità tenere presente nel momento in cui la forza lavoro viene isolata e continua ad operare in autonomia da remoto? Ne abbiamo parlato con Stefano Scoccianti, Enterprise Risk Manager, Gruppo Hera.

 

Quali sono state per voi le misure fondamentali per contenere i rischi nel corso dell’emergenza creata dalla Pandemia Covid-19?

Nell’ultimo anno e mezzo nel gruppo Hera è stato avviato un processo di integrazione e ampliamento del modello di crisis management, un quadro di riferimento, dal punto di vista della governance e dei processi, per la gestione delle diverse categorie di crisi classiche (dall’interruzione di servizio, all’evento disastroso come un incendio, alla crisi di reputazione, per fare degli esempi), assegnando un ruolo centrale al Comitato di crisi. Questo è stato  pensato a fronte di eventi che richiedono per rilevanza, intensità e strumenti di gestione, una focalizzazione specifica e straordinaria del gruppo e delle sue risorse, quindi attivabile quando l’evento travalica per importanza l’ambito circoscritto e gestibile a livello di singola attività di business. Il Comitato, che comprende il vertice aziendale e le figure chiave di importanti filiere aziendali, ha il compito di attivare i piani di gestione della crisi che, per capirci, vanno al di là degli ordinari piani di emergenza di cui le aziende e i loro impianti sono dotati. Nel caso della pandemia Covid-19, ci siamo trovati a gestire appunto una crisi non settoriale, non relativa ad un solo ambito del business, ma estesa a tutta l’organizzazione in tutte le sue componenti. Naturale quindi che andasse trovata una risposta trasversale e coerente per tutta l’azienda.

Abbiamo attivato fin dal 21 febbraio, quindi dalla scoperta del primo focolaio, un comitato tecnico che si è riunito costantemente nelle prime settimane, in modo da inquadrare e strutturare l’approccio di crisis management tenendo conto di due grandi ambiti di presidio e gestione dei rischi:

  • Predisposizione di piani di continuità operativa, in coerenza con vari scenari evolutivi di severità della crisi individuati;
  • Misure di prevenzione e protezione innovative per la safety delle risorse.

Abbiamo quindi strutturato piani di continuità operativa per gestire tutti i possibili scenari per tutte le filiere aziendali, cosicché quando c’è stato il lockdown generale non siamo stati colti impreparati. Sostanzialmente, in poco più di 1 settimana di lavoro, intenso, trasversale, abbiamo definito i piani di gestione, collegati alla situazione del momento ma tenendo anche conto di una possibile escalation della crisi e implementato molte delle misure di prevenzione e protezione.

Operativamente, è stato piuttosto impegnativo realizzare in tempi rapidissimi le misure di protezione per i dipendenti più esposti, come ad esempio le barriere in plexiglas per i colleghi che lavorano a contatto con il pubblico, negli sportelli a cui rivolgersi per i nostri servizi. Sempre per limitare il rischio di contagio tra i colleghi, abbiamo organizzato la sanificazione degli ambienti e diradato le presenze nelle mense, stabilendo distanze tra i posti e una turnazione per i pranzi.

 

Quali le misure in particolare per il lavoro da remoto?

Da metà marzo è partito anche questo aspetto. Prima ci eravamo concentrati su aspetti come turnazioni e segregazione logistica, squadre da dislocare su diversi luoghi  di lavoro, in modo da ridurre la possibilità di contaminazioni tra diverse squadre, fino ad avere in campo (ad esempio per i telecontrolli) singole persone isolate dal resto dei colleghi. Vi era comunque già una quota di colleghi in modalità remote.

Poi, nel momento del lockdown generale, tale quota è cresciuta notevolmente rappresentando una percentuale elevata delle risorse non impegnate sul campo o in impianti, grazie all’utilizzo di collegamenti e tools adeguati. Questo è diventato nel corso delle settimane il nostro modo di lavorare, le comunicazioni sono state rese disponibili in ogni momento, mediante strumenti di condivisione e file in sharing. Dal punto di vista dell’IT, per garantire le attività in remoto, abbiamo velocizzato i processi di acquisto di PC portatili a fronte di una base disponibile già molto elevata, al fine di massimizzare le possibilità di lavoro da remoto per i colleghi (avendo scartato dall’inizio di consentire l’utilizzo del PC domestico privato).

Va detto che la situazione attuale, di remote working, ha trovato terreno fertile grazie alla preparazione effettuata negli anni precedenti da Hera nell’ambito del progetto di smart working rivolto a circa il 20% della forza lavoro.

Con l’emergenza Covid-19, è stato identificato e svolto un percorso per una popolazione significativa: sostanzialmente oggi le sedi si sono svuotate. Riguardo invece ai colleghi che si occupano di manutenzione (per definizione remotizzati) oggi, per evitare contatti diretti e incrementare la sicurezza, la loro partenza avviene da casa (con il mezzo aziendale per l’intervento a disposizione sotto casa). Possono muoversi ed espletare la loro attività senza passare presso la sede, prendendo in carico l’intervento tramite tablet, senza bisogno di consegna fisica di ordinativi del lavoro da effettuare e quindi contatti diretti.

 

Si è parlato molto in questo periodo di rischi di filiera e di problematiche collegate alla Supply Chain nei giorni del Covid-19: qual è la sua esperienza su questo tema?

Considerando 3 ambiti di supply chain rilevanti in tale contesto (ICT, DPI e fornitori di servizi per le filiere di business), sulla parte ICT, essendo partiti per tempo e in gran parte già strutturati, non abbiamo registrato particolari criticità. Invece, come per molti altri, nell’ambito dei dispositivi di protezione ci sono state difficoltà: pur disponendo di nostre dotazioni di DPI, come strategia prudenziale abbiamo scelto di garantirci un livello di disponibilità adeguato alla situazione. Abbiamo dato corso ai contratti di fornitura esistente, pur nelle difficoltà e nelle incertezze di contesto, ed abbiamo anche attivato nuovi canali di fornitura grazie al nostro procurement.

Infine, sulla terza categoria di fornitura, ossia i partner locali sulle attività di esercizio, manutenzione, pronto intervento su reti e impianti, avendo partnership molto consolidate, abbiamo risolto le criticità che si presentavano tramite una maggiore cooperazione e coordinamento di tutti gli attori, operando nei limiti previsti dalle disposizioni normative che si sono susseguite. Il nostro ufficio acquisti ha agito come osservatorio interno per valutare e individuare soluzioni per superare eventuali criticità per i vari cluster di fornitori, attivando ove possibile anche strumenti a sostegno della filiera. In questo momento non abbiamo segnali di criticità acute, ma c’è da dire che il nostro settore, essendo quello dei servizi essenziali, non è mai stato bloccato, e anche le catene di fornitura hanno continuato ad operare.

 

Cosa cambierà nei prossimi mesi?

Hera sta già predisponendosi per affrontare le settimane e i mesi che ci attendono, pur nelle incertezze riguardo alle modalità di ripartenza. Sicuramente una componente significativa sarà costituita dalle modalità di lavoro da remoto, componente importante per modulare il ritorno al new normal, e un ruolo rilevante sarà svolto dai vincoli che saranno imposti per il distanziamento sociale. La dotazione di mascherine potrà diventare un elemento chiave di protezione, così come prassi attivate in queste settimane lato sanitizzazione e igienizzazione. Potranno inoltre rendersi necessarie ulteriori misure per garantire livelli adeguati di sicurezza ai colleghi.

 

 

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