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D.I.T.E. news: Finanza sostenibile e carbox tax, i passi avanti del G20

Con il dibattito sulla carbon tax, le potenze mondiali preparano un nuovo strumento di lotta al cambiamento climatico. Quello della finanza sostenibile è stato uno dei temi conduttori del summit G20 di Venezia, conclusosi (non senza gli usuali tafferugli, qui raccontati dal Fatto Quotidiano) dopo due giorni di discussione sul tema della gestione della pandemia (con l’impegno a estendere la campagna vaccinale ai Paesi più svantaggiati) e con l’approvazione dell’attesa global tax. Il clima è stato il terzo grande protagonista. Non ero mai stata a un meeting in cui praticamente ciascuna sessione, in un modo o nell’altro, toccasse il futuro del clima“, ha dichiarato a fine lavori la direttrice operativa del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, come riportato da Ansa. “Abbiamo visto un impegno molto più coerente e lungimirante dei ministri delle Finanze e dei governatori sul cambiamento climatico”.

“Abbiamo una roadmap pluriennale sulla finanza sostenibile per affrontare il cambiamento climatico, ma anche oltre, se pensiamo alla sostenibilità delle nostre economie”, ha dichiarato il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Un tasto dolente è quello della carbon tax, la ipotetica tassazione delle fonti inquinanti, che emettono nell’atmosfera diossido di carbonio nell’atmosfera. Da dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico è stato stimato che un aumento di 10 euro degli attuali prezzi per tonnellata avrebbe come effetto una riduzione del  7,3% delle emissioni di Co2.

I punti controversi della carbon tax

Fra gli oppositori della carbon tax e del carbon princing ci sono gli Stati Uniti, che sottolineano le difficoltà di un abbandono troppo rapido delle fonti non rinnovabili e l’atteso impatto sulle bollette delle famiglie. Per Kristalina Georgieva, al contrario, i costi iniziali della riforma sarebbero nulla in confronto alle conseguenze di lungo termine di una mancata azione immediata. Inoltre, come sottolineato da uno studio dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, in alcuni Paesi le ecotasse come quella sulla Co2 vengono utilizzate per ridurre altre tasse o per ridistribuire risorse verso le fasce di popolazione a basso reddito.

Ci sono però aspetti critici da considerare. Al G20, riporta il Sole 24 Ore, il ministro dell’Economia e delle finanze francese Bruno Le Maire ha messo in guardia dai rischi di una carbon tax che, se imposta solo alle aziende europee, finirebbe per penalizzare queste ultime senza ridurre l’uso di fonti energetiche inquinanti. Semplicemente, i processi produttivi che generano Co2 si sposterebbero altrove, alla ricerca di condizioni fiscali più favorevoli. Applicato alla sola Europa, il carbon pricing creerebbe “una disparità insostenibile”. A detta di Le Maire, è necessario “introdurre un prezzo equo ed efficiente delle emissioni di anidride carbonica” e per farlo serve un “meccanismo di aggiustamento del prezzo delle emissioni alla frontiera”.

Secondo uno studio del 2019 del Fondo Monetario Internazionale, per incentivare l’utilizzo di energie verdi alternative in misura sufficiente sarebbe opportuno portare a 75 dollari a tonnellata il costo del Co2. Il valore negli ultimi mesi è salito, superando i 50 euro a tonnellata, proprio per effetto delle discussioni europee sul cambiamento climatico, ma resta sostanzialmente sotto la soglia indicata dall’Fmi due anni fa. Per ora, dal G20 veneziano è uscito l’impegno di ministri e governatori per accordarsi sull’uso di un “meccanismo di fissazione del prezzo delle emissioni di Co2 e incentivi“. A breve la Commissione Europea presenterà il proprio piano “Fit for 55”, teso a superare l’obiettivo del dimezzamento delle emissioni di carbon fossile da qui al 2030.

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