LA SETTIMANA DIGITALE – IL DIGITALE FA ANCORA FATICA A DECOLLARE IN ITALIA
La settimana digitale – Il digitale fa ancora fatica a decollare in Italia

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Nonostante la forte accelerazione rilevata negli ultimi mesi, in Italia il digitale fa ancora fatica ad affermarsi. A testimoniarlo è l’ultimo report Istat relativo alla diffusione dell’Ict nelle imprese italiane e un’indagine della BCE relativa alla digital economy. Si rileva, tuttavia, una forte accelerazione del Fintech e del Banking digitale.

***Trend, Numeri e Mercato***

[PIL ITALIA]

 Intesa Sanpaolo, 2021 a 2 facce per Italia, pil +4,7%

Grazie all’azione dei vaccini, dal secondo semestre del 2021 si potrebbe verificare il superamento della crisi pandemica, cui potrebbe corrispondere una ripresa economica sostenuta. Sono le previsioni contenute in una analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo per il 2021, secondo la quale per l’Italia potrebbe essere un anno “a due facce”, con rischi al ribasso sul primo semestre e un andamento al rialzo sulla seconda parte dell’anno.

«In ogni caso – si sottolinea- saranno necessari anni per recuperare i livelli di attività pre COVID-19. In generale, per il prossimo anno si attende un rimbalzo del Pil del 4,7%, dopo il calo del 9% stimato per il 2020. Il recupero sarà più marcato per gli investimenti che per i consumi».


Samsung: performance brillante per il titolo (+7,1%) dopo preliminari trimestrale

Performance brillante per Samsung Electronics (+7,1% a Seoul), spinta dai segnali di un rimbalzo nel mercato dei chip di memoria.

Nel trimestre chiuso lo scorso dicembre il colosso sud-coreano ha registrato un aumento del 26% del reddito operativo a 9 trilioni di won (8,3 miliardi di dollari) e vendite complessive per 61 trilioni di won.

Per quanto riguarda l’utile netto, la società fornirà ulteriori aggiornamenti alla fine del mese quando saranno pubblicati i risultati finali.

Analizzando le performance del trimestre precedente, nei mesi tra luglio e settembre il più grande produttore di smartphone al mondo ha registrato un aumento annuo del 59% dell’utile operativo, sino a 12,35 trilioni di won, in parte a causa dell’aumento della domanda di smartphone ed elettronica di consumo. Ma Samsung aveva avvertito che si aspettava un calo dei profitti nel trimestre di dicembre, a causa della debole domanda di chip di memoria e dell’intensa concorrenza nel settore degli smartphone.

Counterpoint Research ha affermato il mese scorso che l’iPhone 12 di Apple è diventato il modello di smartphone 5G più venduto al mondo a ottobre, seguito da vicino dall’iPhone 12 Pro. Entrambi i modelli di iPhone hanno detronizzato il Galaxy Note 20 Ultra 5G di Samsung, che è invece stato il dispositivo 5G più venduto a settembre.

COMUNICATO STAMPA

***Banking, Finance & Fintech***

Digital banking: cresce l’interesse in Italia

La pandemia e i conseguenti lockdown hanno spinto sempre più persone a considerare e adottare nuove soluzioni bancarie digitali. In particolare, quasi la metà (46%) degli italiani si mostra positivo nel volere abbracciare il digital banking e il 41% ha dichiarato di condurre transazioni finanziarie online e tramite app più frequentemente rispetto al periodo pre-pandemia. Inoltre, l’utilizzo delle app bancarie (52%) ha superato quello delle app dei social media (48%). Sono alcuni dei dati emersi dalla ricerca 2020 European Evolution of Banking di Mastercard, che ha analizzato nel mese di settembre le tendenze del digital banking in 12 mercati europei, tra cui appunto l’Italia.

Stando al report, dal digital banking gli italiani cercano principalmente il risparmio di tempo (57%) e la semplicità di utilizzo (45%), aspetti ritenuti fondamentali nel “new normal”. La semplificazione in chiave smart del proprio stile di vita e la minimizzazione del rischio contagio da coronavirus sono entrambi al terzo posto con il 31%. Ma il Paese conferma la propria fiducia negli istituti tradizionali, con oltre la metà degli intervistati (61%) che considera la propria banca il punto di riferimento più importante per la gestione delle proprie finanze e l’88% che si dichiara convinto che le filiali degli istituti finanziari continueranno ad esistere nel prossimo decennio, considerandole capaci di adattarsi al cambiamento e offrire sempre più soluzioni digitali, con conseguente fidelizzazione dei propri clienti.

Dalla fine dello sportello alla collaborazione con il mondo bancario: i 5 nuovi trend del fintech

Il Covid-19 ha traghettato il Fintech verso la definitiva maturità. In particolare, secondo BorsadelCredito.it il settore sarà impattato da cinque diversi trend.

  1. L’era della Fintegration (che segnerà le collaborazioni tra nuovi player e banche). Si prevede che sempre più le banche integreranno le tecnologie FinTech per migliorare l’esperienza di uso dei propri clienti in base alla domanda emergente.
  2. La fine dello sportello. Era un trend già in atto prima, che la PSD2 recepita a settembre 2019 aveva innescato irrimediabilmente, ma il 2020 è stato l’anno in cui esso ha avuto una sensibile accelerazione. Lo sportello bancario sparirà per come lo conosciamo. A parte la diminuzione in valore assoluto di punti fisici di accoglienza dei clienti, probabilmente la filiale non smetterà di esistere ma sarà completamente diversa da come la conosciamo e dovrà garantire al cliente un’esperienza d’uso senza soluzione di continuità e interruzioni, simile a quella che sperimenta in digitale.
  3. Lo strapotere della tecnologia. La pandemia ha fatto emergere il vero valore aggiunto del Fintech, che sta nel suo suffisso, tech. Dai big data (che consentono di trarre idee per creare prodotti e servizi personalizzati) alle tecnologie emergenti, quali Robotic Process Automation (RPA) e Blockchain. L’automazione dei processi è probabilmente lo strumento chiave per migliorare la redditività delle banche, abbattendo i costi. La Blockchain ha grandi possibilità applicative in praticamente tutte le aree della finanza, dai pagamenti al credito, facilitando la collaborazione con l’ecosistema e la condivisione dei costi.
  4. Effetto e-commerce sul FinTech. Anche in Italia pandemia e lockdown hanno reso gli acquisti online un’abitudine. Ovviamente questo è un vantaggio per chi offre soluzioni FinTech, perché rende necessari per chi vende online soluzioni sicure di pagamento elettronico e altri servizi (compresa la possibilità di offrire pagamenti rateali, per esempio, o di associare all’acquisto prodotti assicurativi e così via).
  5. L’anno della selezione: verso un FinTech a maggior valore aggiunto. In un mercato che si consolida e diventa più efficiente, non c’è più spazio per i tentativi. La pandemia ha reso evidente il potenziale del FinTech, facendo emergere anche eventuali criticità laddove fossero presenti. Il mercato si fa più selettivo e da questo momento in poi continueranno a competere solo le FinTech in grado di portare un’offerta di valore.

***Digital Italy***

Istat, solo 2 imprese italiane su 10 sono digitalizzate ad alti livelli

Solo il 18% delle aziende italiane con almeno 10 addetti soddisfa più della metà dei 12 parametri tecnologici che compongono l’indice europeo di digitalizzazione delle imprese (Digital Intensity Index).

Sono dati del report “Imprese e ICT 2020” dell’Istat, rilasciato da pochi giorni, e basato su un’indagine effettuata tra giugno e agosto 2020 su un campione di oltre 20mila imprese, cioè circa il 10% dell’universo delle realtà con più di 10 addetti attive in Italia.

Nel complesso il report conferma lo scenario a luci e ombre della digitalizzazione in Italia, rilevando numeri confortanti solo per le grandi imprese. L’effetto positivo della pandemia sugli investimenti ICT sembra essersi concretizzato solo per i servizi cloud, mentre l’adozione delle tecnologie più avanzate va a rilento, e in alcuni ambiti, come la formazione ICT ai dipendenti, e la presenza di specialisti ICT interni, emergono sensibili passi indietro rispetto all’anno scorso.

Nel dettaglio, l’Istat ha utilizzato come riferimento i 12 parametri tecnologici che compongono il Digital Intensity Index, l’indice con cui l’Unione Europea misura la maturità digitale delle imprese nel rapporto DESI che sono: percentuale di addetti connessi superiore al 50%, velocità di connessione (download) di almeno 30 Mbps, presenza di sito web, uso di stampanti 3D, invio di fatture elettroniche, fatturato e-commerce di almeno l’1% del fatturato totale, presenza di addetti specialisti ICT, percentuale di addetti con device mobili superiore al 20%, presenza di sito web evoluto (con informazioni su prodotti e prezzi, o funzioni di personalizzazione dei prodotti, o dei contenuti, o tracking degli ordini), uso di servizi cloud evoluti, uso di robot, uso di soluzioni di analisi Big Data.

In generale, come anticipato, circa l’82% delle imprese italiane con almeno 10 addetti si colloca a un livello ‘basso’ o ‘molto basso’ di digitalizzazione, perché soddisfa al massimo 6 di questi parametri. Il restante 18% (percentuale che al Sud Italia scende al 13%) ne soddisfa invece almeno 7, posizionandosi su livelli ‘alti’ o ‘molto alti’ di digitalizzazione.

Come sempre, il livello di digitalizzazione cresce con la dimensione aziendale. Tra le imprese fino a 99 addetti la situazione più diffusa comprende al più la connessione di almeno 30 Mbps, l’invio di fatture elettroniche e il sito web evoluto. Mentre l’uso di servizi cloud evoluti, l’uso di device mobili da parte degli addetti, e la presenza di specialisti ICT sono più frequenti nelle imprese con almeno 100 addetti. L’uso delle tecnologie più innovative – robotica, analisi di big data e stampa 3D – si riscontra principalmente nelle imprese che soddisfano almeno altri 5 parametri, e che quindi hanno gradi di digitalizzazione alti e molto alti.

Inoltre, il 97,5% delle imprese utilizza connessioni in banda larga fissa o mobile, e circa il 63% fornisce ai propri addetti dispositivi portatili per scopi lavorativi. Percentuale che nelle grandi imprese sale al 96%, e che è rimasta stabile rispetto al 2019, mentre è aumentata (dal 50% al 53,2%) quella degli addetti che usano un computer connesso per lavorare. Incremento probabilmente dovuto ai lockdown per la pandemia, così come il forte aumento di imprese che hanno arricchito il sito web con servizi e informazioni sui prodotti (dal 34% del 2019 al 55% del 2020) e di quelle che utilizzano servizi cloud (dal 23% del 2018 al 59% del 2020).

Italia

Fonte: Istat, 2020

Digital Economy: Italia fanalino di coda in Europa

La Banca Centrale Europea ha stilato una classifica degli Stati Membri dell’UE basata relativa all’evoluzione della digital economy, importante punto di riferimento per comprendere il livello di digitalizzazione di un Paese, i passi fatti e la strada ancora da percorrere. Da questa si basano anche le politiche monetarie, tra cui la produttività delle aziende, l’inflazione o i livelli di occupazione. L’analisi mostra, tuttavia, come l’Italia sia una delle nazioni europee meno evolute per quanto riguarda le decisioni e gli interventi legati all’economia digitale.

Italia

Fonte: BCE, 2020

Nel dettaglio, nel nostro Paese permane il divario con le performance continentali, sebbene siano stati compiuti notevoli passi in avanti sul fronte dell’infrastrutturazione ultrabroadband. L’adozione del digitale è, infatti, aumentata notevolmente dal 2015: l’indice dell’economia e della società digitale è passato da meno di 40 nel 2015 a oltre 60 nel 2020.

Sebbene la connettività (in particolare la banda larga) abbia raggiunto livelli comparabili nella maggior parte dei paesi, persistono differenze in altre dimensioni, come i livelli di capitale umano e l’integrazione delle tecnologie digitali nel settore pubblico e delle imprese.

Infine, dall’analisi emerge come misurare la portata dell’economia digitale non sia del tutto semplice. Al riguardo un parametro importante è la misura in cui l’occupazione è correlata alle attività digitali. Due paesi dell’UE, Estonia e Svezia, sono costantemente in cima alle classifiche dell’occupazione digitale. Una definizione relativamente ampia di lavoro dipendente dall’Ict può includere tutti coloro che lavorano in occupazioni ad alta intensità, indipendentemente dal fatto che siano impiegati direttamente nei settori Ict, così come quelli impiegati in occupazioni ad alta intensità Ict. Tale misura dimostra l’elevato grado di eterogeneità tra Paesi, con la quota dell’occupazione totale dipendente dall’Ict che va da circa il 22% in Lussemburgo (superando persino quella degli Stati Uniti) a circa il 7% in Grecia, Italia e Slovacchia.

IL REPORT

***Partnership & Strategie***

[USA & CINA]

Trump mette al bando Alipay e altre sette app cinesi

Nuovo ordine esecutivo di Donald Trump contro società cinesi di app, utilizzate soprattutto per pagamenti digitali, tra queste anche Alipay, la piattaforma di pagamenti online di Ant Group del miliardario Jack Ma con oltre un miliardo di utenti globali e su cui sono state vietate le transazioni. Le altre app nel mirino sono WeChat Pay, QQWallet e Tencent QQ, Camscanner di Intsig, SHAREit, Vmate e WPS Office.

Nel dettaglio, l’ordine prevede che il Dipartimento del commercio metta a punto i dettagli del divieto e quali transazioni siano colpite. Tuttavia le disposizioni avranno effetto tra 45 giorni, ovvero quando Trump non sarà più in carica e alla Casa Bianca siederà Joe Biden (il cui ingresso ufficiale avverrà il prossimo 20 gennaio). Si tratta, dunque, di un divieto che potrebbe anche non entrare mai in vigore, dal momento che il Biden non si è espresso sulla vicenda.

Ennesima giravolta del NYSE, le tre telco cinesi escluse da Wall Street

Il New York Stock Exchange cambia di nuovo idea e, dopo aver riabilitato le tre telco cinesi China Mobile, China Telecom e China Unicom riammettendole nelle contrattazioni di Wall Street, decide infine per il delisting.

Il provvedimento avverrà in applicazione di un ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump, per contrastare le società cinesi controllate dal governo di Pechino.

La vicenda ha indotto gli investitori a vendere posizioni nei titoli, i cui prezzi sono scesi all’annuncio iniziale, poi sono aumentati il ​​successivo e sono caduti di nuovo mercoledì.

Il senatore repubblicano Ben Sasse, membro del comitato ristretto del senato per l’intelligence, ha detto che la decisione è stata la «scelta giusta», affermando che «le aziende cinesi che rifiutano i requisiti fondamentali di trasparenza e hanno legami con le forze armate cinesi non dovrebbero beneficiare degli investimenti americani».

 

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