Nato tre anni fa con l’entrata in vigore (il 14 settembre 2019) della PSD2, l’Open Banking italiano si sviluppa grazie alla condivisione di dati tra gli attori del panorama bancario.
Il Covid-19 si è fatto promotore dello sviluppo e dell’accelerazione di nuove forme di customer e service experience nella relazione tra banca e cliente.
Secondo un’indagine ABI Lab[1], per le banche le principali aree di investimento ICT sono lo sviluppo di piattaforme API/introduzione di modelli di Open Banking e la modernizzazione dei propri sistemi core
Con il Covid-19 per l’industria bancaria il timore è stato dover affrontare una crisi ancora più difficile di quella finanziaria del 2008. In realtà per molte delle sfide affrontate il mercato era pronto: in alcuni casi sono stati accelerati dei fenomeni già in atto. Le vere incognite riguardano il «New Normal».
Immaginare un banking post digitale potrebbe essere tanto impegnativo quanto profondamente sfidante, soprattutto per contesti in cui l’utilizzo della tecnologia non è ancora del tutto maturo. Se ne è discusso lo scorso 10 e 11 ottobre al Banking Summit di The Innovation Group.
Per le banche è sempre più tempo di ripensare alla propria offerta: il consumatore sta cambiando e richiede servizi veloci, che gli permettano di essere “always connected”. Adesso l’obiettivo è soddisfare i Millennial.
Open Banking non è sinonimo solo di PSD2, si tratta di un approccio strategico più ampio che abilità e sviluppa anche nelle banche i modelli di Open Innovation.
L’Open Banking è oggi una priorità negli investimenti ICT delle banche. Si stima, inoltre, che nel 2020 il 7% dei ricavi in Europa proverranno da banche che avranno adottato modelli bancari innovativi, mentre il 57% delle banche avrà un impatto significativo dall’adozione di modelli di Open Banking. È quanto è emerso dal workshop “Open Banking – Sarà questo il futuro delle banche?”, organizzato da The Innovation Group.