27.05.2025

Smartphone e obsolescenza programmata: un’analisi della situazione italiana

Il Caffè Digitale

 

Immagine di freepik 

La durata media del ciclo di vita degli smartphone si sta allungando, tra nuovi comportamenti dei consumatori, strategie dei produttori e, più in generale, nuove dinamiche di mercato. Che relazione esiste però tra obsolescenza programmata e vita media dei dispositivi nel tempo? Un recente paper della prof.ssa Nicoletta Corrocher, del Dipartimento di Management e Tecnologia dell’Università Bocconi, prova a spiegare questo rapporto. 

Nel contesto contemporaneo del dibattito sulla sostenibilità, la relazione tra dispositivi digitali e inquinamento ambientale è ormai nota. Uno studio di Deloitte di alcuni anni fa già poneva l’attenzione sul tema del ruolo attivo del mercato degli smartphone nella produzione di CO2; allora (ma può valere anche oggi) a pesare particolarmente in termini di generazione di gas serra era soprattutto la fase di produzione, il trasporto e il primo anno di vita dei dispositivi, che arrivavano a coprire l’83% della CO2 complessiva prodotta dagli smartphone quell’anno (146 milioni di tonnellate). Oggi l’attenzione su questo tema non si riduce, anzi. Lo dimostra ad esempio l’introduzione dal 20 giugno 2025 di una nuova etichetta che sarà obbligatoria per gli smartphone e i tablet venduti a partire da quella data all’interno dell’Unione Europea. Lo scopo è aumentare la visibilità verso i consumatori delle caratteristiche tecniche dei dispositivi, che possono influenzarne e determinarne la durabilità. Ed è proprio sulla durabilità dei device, sull’obsolescenza programmata e sul suo impatto sul ciclo di vita degli smartphone (e di conseguenza anche sulla sostenibilità) che si concentra il recente studio “Planned Obsolescence and Smartphone Replacement: Empirical Evidence on the Italian Market”, promosso dalla prof.ssa Corrocher della Bocconi. 

Le origini dell’obsolescenza programmata e l’evoluzione attuale 

Il punto di partenza per approfondire questo tema è indubbiamente la definizione di obsolescenza programmata. È infatti utile per individuare tutte le sfumature e le dinamiche che vanno a dare forma e costituire questo fenomeno. Con obsolescenza programmata si intende generalmente l’insieme delle strategie che i produttori di dispositivi possono mettere in campo per ridurre la vita di specifici dispositivi e incentivarne l’acquisto ripetuto. Come spiega il paper della Bocconi, l’obsolescenza programmata non è una strategia esclusiva dell’epoca dell’informazione, ma affonda le sue radici agli inizi del secolo scorso, grazie anche al contributo e alle innovazioni introdotte da aziende come la General Motors (GM). Negli anni, infatti, l’obsolescenza programmata è diventata parte degli strumenti e delle strategie per stimolare i consumi in situazioni di particolare difficoltà economica, ad esempio durante la grande Depressione; fino ad assumere poi negli anni 60’ quell’accezione poco lusinghiera che oggi viene riconosciuta a questo termine. È a partire infatti dalla seconda metà del ‘900 che si comincia ad approfondire il ruolo di questa pratica anche in termini di impatti negativi sui consumatori e sul loro livello di (mancata) soddisfazione, così come a studiare le diverse componenti che la vanno a caratterizzare. 

Definire l’obsolescenza programmata: quattro diversi tipi 

Secondo il report, si possono individuare quattro tipi di obsolescenza programmata: 

  • L’obsolescenza materiale, dovuta al deterioramento fisico dei dispositivi a causa della bassa qualità dei materiali e/ o della capacità dei singoli componenti; 
  • L’obsolescenza funzionale, legata all’evoluzione dei requisiti tecnici e funzionali, come ad esempio l’interoperabilità di componenti hardware o software; 
  • L’obsolescenza psicologica, che evidenza l’influenza che le dinamiche sociali, le mode e i modelli di consumo possono avere sulla percezione degli individui rispetto all’invecchiamento dei dispositivi; 
  • L’obsolescenza economica, legata soprattutto a situazioni in cui il costo di riparazione di un dispositivo supera il costo di sostituzione, influenzando i comportamenti e le aspettative dei consumatori. 

Obsolescenze programmate e durata di utilizzo degli smartphone: quale relazione? 

Attraverso un’indagine che ha coinvolto 381 rispondenti sul territorio italiano, lo studio evidenzia come ciascun tipo di obsolescenza influenzi in modo significativo, ma differente, la durata di vita di uno smartphone. 

  • L’obsolescenza materiale è correlata negativamente con la variabile durata: un aumento del deterioramento fisico, anche di componenti non indispensabili per il funzionamento di un dispositivo, comporta infatti una riduzione della vita operativa di uno smartphone. 
  • Discorso diverso per l’obsolescenza funzionale, che mostra al contrario una relazione positiva con la variabile durata: questo significa che, ad esempio, una riduzione delle funzionalità di un dispositivo dovuta ad un aggiornamento software è collegata, lato consumatore, ad un maggiore periodo di utilizzo del dispositivo stesso. Questo risultato, non immediatamente intuitivo, si ricollega ad alcune evidenze già presenti nella letteratura specialistica, che mostrano come i consumatori riadattino i propri comportamenti di utilizzo di un dispositivo a situazioni di ridotta funzionalità di quest’ultimo, in attesa ad esempio di offerte o dell’uscita di nuovi modelli. 
  • L’obsolescenza psicologica, d’altro canto, mostra una correlazione significativa e negativa rispetto alla durata di utilizzo di un dispositivo, come effetto della (erronea) percezione di un invecchiamento del device che porta il consumatore a valutarne la sostituzione (accorciando così il ciclo di vita del dispositivo). 
  • Interessanti anche i risultati relativi all’obsolescenza economica, significativa solo per gli smartphone più recenti, con l’analisi che approfondisce i comportamenti dei consumatori sia rispetto ai device attuali sia rispetto a quelli posseduti in precedenza. Per gli smartphone di proprietà più recente, la correlazione tra obsolescenza economica e durata di un dispositivo è negativa, con la riduzione di quest’ultima in presenza di situazioni in cui risulta più vantaggioso sostituire il device stesso piuttosto che riparalo. 

Le iniziative europee per contrastare l’obsolescenza programmata 

L’Unione Europea si è dimostrata negli ultimi anni già consapevole rispetto al tema dell’obsolescenza programmata e della necessità di favorire e promuovere una maggiore durabilità dei device digitali. È di giugno 2024, ad esempio, la Direttiva (UE) 2024/1799 del Parlamento Europeo sul “diritto a riparare”, rivolta a proteggere i consumatori rendendo più conveniente la riparazione piuttosto che la sostituzione di un dispositivo digitale, e di favorire di conseguenza lo sviluppo di un’economia circolare anche in ambito tecnologico. Questa iniziativa, che si aggiunge ad esempio ai precedenti regolamenti sulla gestione e smaltimento di pile e batterie o sull’Ecodesign, rende evidente l’interesse a ripensare i meccanismi di obsolescenza programmata che si sono diffusi nel secolo scorso e nei passati decenni, soprattutto nell’ambito dei dispositivi digitali che, data la loro diffusione e rilevanza, rischiano di diventare (se non lo sono già) un vero e proprio punto di attenzione in termini di sostenibilità. 

 

 

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