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L’abbattimento dei consumi, pillar della strategia It

N.  Settembre 2021
        

a cura di
Roberto Bonino
,
Giornalista di Technopolis e ICTBusiness.it,
Indigo Communication

Intervista a Claudio Farina, Executive Vice President Digital Transformation & Technology di Snam

Molti elementi stanno concorrendo a ridisegnare la strategia di gestione dei data center delle aziende. La necessità di generare efficienza si incrocia con quella legata alla sostenibilità ambientale, in un contesto per tradizione energivoro. Questa doppia spinta converge per molti nella scelta di rendere sempre più ibrida l’infrastruttura esistente, muovendo quanto possibile al cloud.

Temi come la storia tecnologica costruita negli anni, la dimensione complessiva, la disponibilità di competenze e altro rendono il panorama ancora piuttosto frastagliato, ma la tendenza è comune per tutti e comporta scelte di breve e di lungo periodo.

Nel pieno di una transizione, che fa della trasformazione digitale un elemento portante del proprio piano strategico, si trova una realtà come Snam, una delle principali società di infrastrutture energetiche al mondo e una delle maggiori aziende quotate italiane per capitalizzazione. Di questi giorni è l’inaugurazione a Bologna del primo distretto del futuro (TecHub), interamente gestito con l’ausilio di tecnologie digitali funzionali all’abbattimento delle emissioni, al miglioramento della sicurezza e resilienza delle infrastrutture e all’efficienza operativa sul territorio. Il TecHub rientra in un piano complessivo di digitalizzazione delle attività di Snam che prevede 500 milioni di euro di investimenti entro il 2024.

Per analizzare come l’It stia evolvendo al proprio interno per supportare la strategia complessiva di Snam, abbiamo incontrato Claudio Farina, Executive Vice President Digital Transformation & Technology del gruppo.

Quali sono i passaggi già compiuti o allo studio per ridurre il più possibile i consumi della vostra infrastruttura informatica?

Siamo nel mezzo di una fase di transizione dai classici data center agli hyperscaler o grandi cloud provider, in ragione del volume di dati che transita sulla nostra rete e che, in certi ambiti, sono destinati a centuplicare nei prossimi tre anni, soprattutto in funzione dei progetti IoT che abbiamo avviato o programmato. Sui nostri due data center, negli anni abbiamo fatto grandi investimenti in termini di efficientamento e riduzione emissioni, ma oggi si può dire che abbiamo ottenuto tutto quanto possibile e, quindi, che stiamo sempre più accedendo a risorse cloud. La moltiplicazione dei dati sarà gestita prevalentemente in questo modo con un’efficienza unitaria molto migliore e mantenendo piatto l’impatto ambientale. I data center funzionano perlopiù con energia elettrica e hanno backup che già oggi potrebbero essere sostituiti con fuel cells a idrogeno verde. La tendenza che sposiamo è verso l’utilizzo di energie rinnovabili a basso impatto o in prospettiva nullo. Questa è per noi una necessità, vista l’ampiezza della nostra infrastruttura Ict, sparsa su 32mila km di rete.

Come si concretizza nel vostro caso il concetto di Corporate Social Responsibility?

La componente Csr in Snam è centrale. Quest’anno è stato integrato nello statuto sociale il “corporate purpose” di Snam, che riflette un impegno crescente nella transizione energetica. Nel 2019 è stato anche istituito un comitato Esg in seno al Cda, dedicato appunto alle tematiche ambientali, sociali e di governance. L’It funge da abilitatore di molte trasformazioni e per questo lavoriamo a stretto contatto con la componente Csr su molti progetti. Un ambito molto concreto riguarda l’evoluzione in direzione paperless, tenendo conto che venivamo da un volume di stampe pari a circa 15 milioni di fogli all’anno solo qualche tempo fa, mentre oggi abbiamo già ridotto di due terzi questo volume e l’obiettivo è arrivare il più vicini possibile allo zero. Oltre alla dematerializzazione, insieme al sostegno di Fondazione Snam, abbiamo conferito alla struttura di detenzione di Bollate diverse migliaia di strumenti tecnologici per noi obsoleti, ma che possono ancora essere utilizzati per attività di formazione, mentre per i pezzi di ricambio abbiamo pensato alla redistribuzione nelle scuole dell’hinterland milanese. Digitalizzazione e riuso sono due temi per noi essenziali.

Abbiamo già toccato il tema del cloud. Come lo interpretate alla luce delle vostre evoluzioni strategiche?

La migrazione verso il cloud è un passaggio dal quale certamente non si tornerà indietro e che va proiettata sul lungo periodo. Alcuni sviluppi, per esempio su big data e machine learning, non saranno più abilitabili, in prospettiva, su data center locali e anche le applicazioni aziendali saranno sempre più cloud-native. Tuttavia, anche sul lungo periodo potrebbe rimanere in funzione un data center locale, eventualmente anche solo come ridondanza della componente cloud.

Dove pensate che possano ancora esistere ostacoli o freni a un processo evolutivo necessariamente imperniato sull’impatto zero anche per l’infrastruttura tecnologica?

Il tema del riciclo e del riuso non è ancora oggi sufficientemente enfatizzato e si porta dietro complicazioni anche di tipo burocratico. Poi, c’è il delicato ambito del rapporto con i partner esterni. Noi ci siamo dati l’obiettivo della neutralità carbonica al 2040 e quindi, anche nella valutazione dei nostri partner, non possiamo fare a meno di utilizzare il parametro della sostenibilità. Sempre più questa è una regola e non un semplice elemento di differenziazione. Rispetto al passato, per fortuna, negli ultimi anni l’awareness su questi temi è diventata molto più alta anche tra i fornitori più locali e dimensionalmente meno strutturati.

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