LA SETTIMANA DIGITALE – IL RAPPORTO CLUSIT
La settimana digitale – Il Rapporto Clusit

Rapporto Clusit, Italia Digitale, la trimestrale Zoom: leggi la nuova edizione de “La Settimana Digitale”.

***Trend, Numeri e Mercato***

Nel solo quarto trimestre 2020 gli abbonamenti alla telefonia cellulare sono cresciuti di 19 milioni di unità. Questo quanto afferma Ericsson nel suo Mobility Report, che ha preso in esame dati aggiornati a fine 2020, un anno che si è chiuso con circa 8 miliardi di SIM nel mondo.

Il maggior contributo trimestrale proviene dall’India (+4 milioni), seguita da Indonesia (+4 milioni) e Pakistan (+2 milioni). Ormai è un dato di fatto che le SIM in circolazione superino la popolazione umana mondiale, con un tasso di penetrazione pari al 102%. Il numero di abbonati alla telefonia cellulare unici è invece pari a circa 6 miliardi. Il divario tra utenti unici e SIM totali è in buona parte dovuto alla presenza di più SIM per persona o di abbonamenti inattivi.

Insieme alla crescita della telefonia cellulare, si registra un incremento anche dell’utilizzo di Internet da mobile. Nel quarto trimestre 2020 il numero di abbonamenti di tipo mobile broadband è aumentato di quasi 100 milioni, per un totale di circa 6,5 miliardi, con un aumento del 5% anno su anno. Oggi il 77% dei telefonini in circolazione è uno smartphone.

Zoom ha terminato l’intero 2020 con un fatturato di 2,65 miliardi, in aumento del 326%, con profitti di 995,7 milioni, pari a 3,34 dollari per azione. La società ha concluso l’anno fiscale con 4,2 miliardi di dollari in contanti e investimenti facilmente liquidabili.

Gli straordinari risultati ottenuti nel 2020 si sono rivelati superiori anche alle più rosee aspettative del management del gruppo, che invece aveva auspicato ricavi compresi tra 2,575 miliardi e 2,58 miliardi di dollari, con profitti compresi tra 2,85 e 2,87 dollari per azione.

La tendenza del “lavoro da casa” ha rafforzato la domanda dei servizi di Zoom. Anche se le previsioni per il 2021 sono positive, gli analisti si interrogano se la società riuscirà a mantenere lo stesso trend di crescita, quando si allenteranno le misure di restrizione per contenere i contagi da Covid-19 e di conseguenza il ricorso alle teleconferenze per scopi lavorativi o sociali tenderà a diminuire.

***Cybersecurity***

Nell’anno della pandemia, Clusit – Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica – nel suo rapporto registra il record negativo degli attacchi informatici: a livello globale sono stati infatti 1.871 gli attacchi gravi di dominio pubblico rilevati nel corso del 2020, ovvero con un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell’economia e della geopolitica. In media, si tratta di 156 attacchi gravi al mese, il valore più elevato mai registrato ad oggi (erano 139 nel 2019), con il primato negativo che spetta al mese di dicembre, in cui sono stati rilevati ben 200 attacchi gravi.

In termini percentuali, nel 2020 l’incremento degli attacchi cyber a livello globale secondo Clusit è stato pari al 12% rispetto all’anno precedente; negli ultimi quattro anni il trend di crescita si è mantenuto pressoché costante, facendo segnare un aumento degli attacchi gravi del 66% rispetto al 2017.

Il Cybercrime è stato nel 2020 la causa dell’81% degli attacchi gravi a livello globale; le attività di Cyber Espionage costituiscono invece il 14% degli attacchi: diverse attività di questo tipo risultano correlate alle elezioni USA nella seconda metà dell’anno, con tentativi di influenzare l’opinione pubblica da parte di attori interni ed esterni. Operazioni di spionaggio sono state, inoltre, rilevate anche ai danni di molti enti di ricerca ed aziende coinvolte nello sviluppo dei vaccini contro il Covid-19.

Proprio la pandemia ha caratterizzato il 2020 per andamento, modalità e distribuzione degli attacchi secondo gli esperti del Clusit: il 10% degli attacchi portati a termine a partire da fine gennaio è stato a tema Covid-19. In particolare, i cybercriminali hanno sfruttato la situazione di disagio collettivo, nonché di estrema difficoltà vissuta da alcuni settori – come quello della produzione dei presidi di sicurezza (ad esempio, delle mascherine) e della ricerca sanitaria – per colpire le proprie vittime. Diverse operazioni di spionaggio sono state compiute a danno di organizzazioni di ricerca correlate con lo sviluppo dei vaccini.

Nello specifico settore della Sanità, il 55% degli attacchi a tema Covid-19 è stato perpetrato a scopo di cybercrime, ovvero per estorcere denaro; con finalità di “Espionage” e di “Information Warfare” nel 45% dei casi.

L’avanzata delle doppie estorsioni informatiche basate sul “rapimento” dei dati. L’evoluzione degli attacchi alle filiere del Made in Italy, con tanto di riscoperta digitale del mito del cavallo di Troia. O ancora la nuova frontiera delle propagazioni laterali delle incursioni criminali e la preoccupante democratizzazione dei malware, sempre più difficili da identificare al primo colpo.

Se il 2020 del crimine informatico fotografato da Yoroi è stato solo un assaggio del 2021, si preannunciano tempi decisamente sfidanti per i paladini della sicurezza digitale. La nuova edizione del rapporto annuale dell’azienda italiana di cybersecurity, che sarà mostrato il prossimo 8 marzo, non promette nulla di buono nell’anno dell’auspicabile ripartenza, soprattutto in termini di qualità. L’evoluzione quantitativa del crimine informatico è ormai una sorta di certezza scontata (siamo sempre più connessi, usiamo sempre più dispositivi e le aziende sono sempre più digitalizzate), mentre l’evoluzione qualitativa continua ad assumere ritmi e connotati difficilmente pronosticabili.

Il rapporto Yoroi, presentato in anteprima da Repubblica, è uno studio sui generis in tema di sicurezza. Non basandosi sui dati generalisti open source, liberamente reperibili in Rete, ma sull’esperienza delle aziende clienti della stessa Yoroi, il rapporto rappresenta uno spaccato di campo. Avendo in portafoglio circa 250 aziende tra grandi realtà e multinazionali basate in Italia con un focus particolare sul mondo bancario, assicurativo e finanziario, per un totale di oltre 100 mila endpoint monitorati, lo studio è anche una lente di ingrandimento su ciò che accade nel nostro Paese. Non a caso, tra le tendenze più importanti spiccano innanzitutto i tentativi di scacco matto al Made in Italy, e in particolare alle filiere.

Se in passato le offensive avevano un carattere generalizzato e diffuso, ora gli attacchi alla supply chain risultano sempre più spinti da spionaggio o sabotaggio di specifici target. A preoccupare è in particolare lo sfruttamento delle Pmi come vettori di secondo grado. Ad esempio, anziché aggredire direttamente la grande azienda automotive si attacca il fornitore di componentistica con l’obiettivo di creare dei varchi indiretti (piattaforme di collaborazione, canali e-mail e altro). «Le grandi imprese hanno iniziato da tempo a investire per ridurre gli attacchi informatici diretti, quindi gli attaccanti hanno dirottato la loro attenzione sulle pmi che hanno contatti diretti con le grandi aziende all’interno delle filiere – spiega Marco Ramilli, founder e ceo di Yoroi – Questa sarà una delle grandi problematiche che dovremmo affrontare nei prossimi anni».

***Digital Italy***

La trasformazione digitale dei servizi e delle supply chain a livello di singoli Stati potrebbe incrementare il prodotto interno lordo dell’Unione europea di circa 1.000 miliardi di euro entro il 2027. A dirlo è un nuovo Report prodotto dal Gruppo Vodafone e Deloitte.

Lo studio, dal titolo “Digitalisation. An opportunity for Europe”, parte da cinque livelli chiave del processo di transizione: livello di connettività, capitale umano, utilizzo e diffusione dei servizi internet, grado di integrazione delle tecnologie digitali e dei servizi pubblici digitali (tutti livelli misurati dall’Indice Desi – Digital economy and society index della Commissione europea).

Attualmente, un aumento del 10% del punteggio Desi complessivo per uno Stato membro è associato a un PIL pro capite più alto dello 0,65%. I ricercatori hanno ipotizzato che l’utilizzo massiccio dei fondi del Recovery Plan per lo sviluppo tecnologico e soprattutto l’accelerazione della transizione digitale potrebbero favorire un aumento dell’indice Desi a 90 entro il 2027, con un incremento medio del +7,2% del Pil pro capite.

I Paesi con il Pil pro capite più basso nel 2019, dovrebbero essere i maggiori beneficiari della transizione: «Se la Grecia aumentasse il suo punteggio Desi da 31 a 90 entro il 2027, si avrebbe un aumento del PIL pro capite del +18,7% e della produttività a lungo termine del +17,9%», si legge nel commento ai dati. «Un numero di Stati membri significativi, tra cui Italia, Romania, Ungheria, Portogallo e Repubblica Ceca, vedrebbero tutti un aumento del PIL superiore al 10%», secondo lo studio.

Si è insediata, su mandato del ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, la Commissione tecnica dell’Osservatorio nazionale del lavoro agile composta da altri 12 esperti tra interni alla Pubblica amministrazione ed esterni.

Compito della Commissione sarà verificare l’avanzamento delle amministrazioni nella stesura dei Piani organizzativi del lavoro agile (Pola), pubblicati sinora da 54 amministrazioni statali sulle 162 monitorate attraverso il Portale della performance del Dipartimento della Funzione pubblica.

La Commissione è chiamata a ragionare sugli strumenti di organizzazione del lavoro agile in vista del superamento della fase legata all’emergenza sanitaria.

PER APPROFONDIRE – Smart working, dopo un anno bilancio in chiaroscuro per la pubblica amministrazione. Solo il 33% degli enti ha approvato il piano

L’Unione Europea ha approvato e finanziato il progetto “A data driven approach to tax evasion risk analysis in Italy” presentato dall’Agenzia delle Entrate che prevede l’uso dell’intelligenza artificiale e altre tecniche di analisi per contrastare l’evasione e l’elusione fiscale.

Il progetto mira sostanzialmente a valorizzare l’enorme patrimonio informativo dell’Agenzia delle Entrate, rispettando sia la privacy che il contraddittorio con il contribuente. Ogni anno arrivano 42 milioni di dichiarazioni fiscali, 750 milioni di dati da soggetti terzi ed enti esterni (contributi, bilanci, utenze, assicurazioni e altro), 400 milioni di rapporti finanziari attivi, 197 milioni di versamenti F24 e circa 2 miliardi di fatture elettroniche. A ciò si aggiungono anche i dati di oltre 150 milioni di immobili.

I fondi ricevuti dall’Unione Europea verranno utilizzati per potenziare le attività di contrasto ai fenomeni di evasione ed elusione fiscale attraverso tecniche innovative di network analysis, machine learning e data visualization. Grazie all’analisi delle reti è possibile scoprire con maggiore facilità “le relazioni indirette e non evidenti tra soggetti che possono essere correlate a schemi di evasione o elusione fiscale difficilmente individuabili con le tradizionali tecniche”.

  • Digitale, equo e dedicato alla mobilità. Il nuovo ministero delle Infrastrutture

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il regolamento di organizzazione del nuovo ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mims), previsto nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri numero 191/2020. Per potenziare la capacità del dicastero di programmare e realizzare infrastrutture e sistemi a rete sostenibili, si legge in una nota, il regolamento prevede la creazione di un nuovo dipartimento che si aggiunge ai due precedenti e al Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera.

«La nuova organizzazione, che diventerà operativa tra poche settimane, è un’opportunità per attuare subito l’indirizzo strategico sancito dal nuovo nome del ministero», sottolinea il ministro Enrico Giovannini. «È inoltre coerente con l’approccio di programmazione a medio termine e di integrazione tra le diverse dimensioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza relative alle infrastrutture e alla mobilità sostenibili».

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