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La Servitizzazione in aiuto alle imprese manifatturiere italiane

 

C’è una tendenza molto generale che ha goduto negli ultimi anni del favore della digitalizzazione spinta di processi e prodotti: è quello che pone il cliente al centro, con la sua storia, i suoi requisiti, le sue preferenze. La chiave di successo per un cliente soddisfatto e fidelizzato è la cosiddetta “Servitization”, un’evoluzione del modo di rispondere alle esigenze del mercato che passa dal set up di nuovi servizi. Si parla quindi di ideare servizi che possano essere on-top al prodotto o anche, sempre più spesso, sostitutivi dello stesso. In italiano, si usa anche il termine Servitizzazione (traduzione brutale dall’inglese servitization), a indicare appunto la trasformazione del modello di business delle aziende, che dalla produzione e vendita di beni fisici evolvono verso un’offerta e distribuzione di servizi.

Nel contesto attuale, macroeconomico, geopolitico e tecnologico, questa evoluzione è molto favorita. Abbiamo una crisi economica perdurante che impatta sulla capacità delle imprese di investire nello sviluppo di nuovi prodotti e nuove linee produttive, che negli ultimi due anni ha portato (con la pandemia e la guerra) a inceppamenti continui delle supply chain globali, a una shortage economy che ha avuto impatti negativi sulle attuali capacità produttive. Da quando molti beni sono consegnati in ritardo (nell’automotive, colpito dalla penuria di chip, un’auto nuova è consegnata in alcuni casi 12 mesi dopo) la propensione alla “usership” sostituisce sempre di più quella alla “ownership”. Lo stesso sta avvenendo con il progresso tecnologico avanzato, nell’informatica e nelle telecomunicazioni, per cui se il prodotto non è costantemente aggiornato, diventa rapidamente obsoleto.

Di evoluzioni e impatti della Servitizzazione nei diversi settori, e in particolare nel mondo manifatturiero italiano, si è parlato lo scorso 14 novembre nella conferenza organizzata da The Innovation Group, “SERVITIZATION REVOLUTION. L’impatto positivo della servitizzazione”, con gli interventi di Carlo Alberto Carnevale Maffè, Docente di strategia d’Impresa ed Economia Aziendale di SDA Bocconi, Flavio Tonelli, Full Professor in Industrial Mechanical Plants, Digital Manufacturing, Industrial Sustainability di Università di Genova, Davide Rota, Country Manager di IFS Italia e Fabio Invernizzi Regional Sales Director, EMEA South di Boomi.

Quali sono le condizioni che stanno spingendo le imprese italiane alla Servitizzazione? Secondo Carlo Alberto Carnevale Maffè alcune tendenze vanno ricondotte alle stesse esigenze del mercato del lavoro.  “Viviamo in un mondo in cui si progettano, a breve arriveranno sul mercato, piattaforme collaborative nel metaverso – ha spiegato Carlo Alberto Carnevale Maffè -. Le nuove generazioni pretendono di operare, con questi ambienti collaborativi, processi industriali disegnati in nuove modalità. In più, dopo la pandemia, la richiesta di smart working è sempre più elevata. Il problema è quindi disegnare un modello organizzativo innovativo, separare la presenza fisica da quella logica, lavorare in modo disaccoppiato da spazio – tempo. In questo senso, la Servitizzazione diventa una condizione per fare business”.

In Italia però abbiamo un problema di mancanza di candidati per molte offerte di lavoro. La difficoltà media di reperimento dei profili professionali è arrivata al 39% a giugno 2022. Considerando le funzioni tecniche, le difficoltà di reperimento di giovani arrivano al 42%, con punte di 75% per i profili professionali più critici, e il mondo industriale è tra quelli più in difficoltà ad attrarre capitale umano. “La Servitizzazione è un modello ad alta intensità di capitale umano, quindi per l’Italia, caratterizzata dai salari più bassi in Europa, potrebbe essere l’ideale – ha detto Carnevale Maffè -. Svilupparla in azienda sarà quindi un problema per le Risorse Umane e per il responsabile finanziario, e qui nascono i problemi: le HR sono la vera forza reazionaria nelle imprese, poco adatte culturalmente a concepire questa evoluzione”.

I percorsi di digitalizzazione seguiti dalle imprese diventano abilitanti per nuovi modelli di Servitizzazione che stanno mostrando sempre di più la propria profittabilità nel medio lungo periodo. Va ricordato che i vantaggi di chi si sposta verso l’erogazione di servizi sono numerosi: quelli citati con prevalenza in letteratura sono la possibilità di fidelizzare i clienti, ad esempio con politiche di manutenzione predittiva e reattiva; il migliore livello di competitività dell’impresa, che riesce a fornire il giusto servizio richiesto dal cliente senza compromessi su prezzo o qualità; la raccolta di informazioni che aiuta a costruire modelli innovativi di predicibilità del business.

“Una raccomandazione per tutti è aumentare la quota dei servizi sui ricavi, tenendo conto del fatto che questa trasformazione è anche una risposta intelligente al tema della riduzione dell’impatto ambientale, oltre che una risposta alle tendenze inflattive, tipicamente più elevate per i beni fisici che non per i servizi – ha concluso Carnevale Maffè -. Andrebbe sottolineato poi che i nuovi servizi non vanno rivolti solo al prodotto, ma a tutto quanto può essere utile per il cliente, ponendo sempre di più il cliente al centro. Nel mondo industriale, digitalizzazione e Servitizzazione innescano un’evoluzione dei modelli di business che porta a trasformare il perimetro organizzativo in modo da collegarlo più strettamente con le nuove catene del valore”.

Gli impatti positivi della Servitizzazione e i trend di Circolarità, de-manifattura e sostenibilità nell’erogazione di prodotti e servizi, sono stati commentati da Fabio Tonelli, Full Professor di Università di Genova.

Guardando agli impatti della Servitizzazione, questa rende necessario ripensare i livelli decisionali strategici, tattici e operativi per affrontare le nuove sfide di eterogeneità e di sincronizzazione degli attori delle supply chain globali. Aumenta l’eterogeneità dei soggetti di filiera e quindi sorge l’esigenza di sincronizzazione di oggetti e soggetti diversi tra loro.

“Un sistema produttivo assorbe fattori come energia e materie prime, e distribuisce prodotti finiti che sono operati – ha spiegato Fabio Tonelli -. Con la Servitizzazione inizia la possibilità di dare in uso un prodotto, e quindi, se il produttore mantiene la proprietà, scatta la possibilità della manutenzione, di fare pay back e riutilizzare alla fine il prodotto ampliandone il ciclo produttivo. Si parla in questo caso di Re-manufacturing, un’attività che Xerox fa da 50 anni arrivando oggi a riciclare fino al 95% dei prodotti, che sono ritirati quando cambiano le esigenze dei clienti o quando la società decide di modificare i propri servizi.

Oggi nelle industrie che adottano questo paradigma, la produzione inizia da uno stadio di de-manifattura, e questo porta a modificare l’intero paradigma di produzione e consumo: i prodotti sono pensati per la “mantenibilità” nel lungo periodo, per abilitare i servizi che vi gireranno sopra, per la possibilità di riciclare i prodotti a fine ciclo, con un impatto netto positivo sull’ambiente riducendo gli input produttivi”.

In questa logica, chi detiene gli asset governa tutto il processo, ma nella pratica, ci sono molti soggetti diversi che interagiscono, non solo per l’intero ciclo di vita del singolo oggetto ma anche per tutti i cicli dei suoi componenti. I nuovi modelli di distribuzione sopra questi cicli di vita saranno quindi molteplici.  “In generale, avremo incertezze e rischi che devono rimanere bassi per i clienti, e che saliranno invece per chi gestisce tutta la catena – ha aggiunto Tonelli -. Per l’Europa recuperare quanto più possibile valore dalla base esistente di asset per creare ulteriore valore è un’opportunità da non perdere”.

Qual è un approccio vincente alla Servitizzazione? “Il nostro approccio per portare questi concetti ai clienti è quello di partire dalle loro condizioni reali, creare con loro un piano che garantirà il successo dell’iniziativa – ha detto Davide Rota, Country Manager di IFS Italia -. Definiamo come “Moment of service” tutto l’outcome dell’azienda messo in discussione. Puntiamo a garantire che l’iniziativa abbia il Roi corretto e dia l’outcome atteso. Come l’otteniamo? con la nostra piattaforma IFS Cloud, in cui abbiamo fatto confluire tutto il know-how maturato nel mondo manifatturiero, con soluzioni componibili, ogni modulo organizzato a microservizi”.

Secondo Fabio Invernizzi, Regional Sales Director, EMEA South di Boomi, prodotti sempre più intelligenti producono essi stessi grandi moli di dati, che permettono oggi di fare efficienza operativa e, nelle fasi successive, costruire servizi a valore aggiunto. Serve però legarli alle informazioni del business, il singolo dato da solo fa ben poco. “Abbiamo un cliente che produce macchine di movimentazione terra – ha detto Fabio Invernizzi –. Affitta i suoi macchinari e fa pagare in base al numero di km percorsi o delle funzionalità utilizzate. Per sviluppare questi nuovi modelli di go-to-market e di pagamento basato sull’utilizzo è necessario ricevere tutti i dati dalla macchina”.

Volendo andare oltre, abbiamo un concetto più esteso di ecosistema: quando sono in grado di digitalizzare tutta la rete dei partner, fornitori, terze parti, clienti, potrò fornire servizi con un valore aggiunto ancora maggiore. Ottenere in questi casi un feedback costante dal cliente permette di modificare continuamente il servizio sulla base delle esigenze del mercato. Un concetto importante però è quello dell’interoperabilità: nel dialogo tra le macchine, servirà orchestrare i processi in modo che tutto l’ecosistema possa gestire in automatico un evento. “Dato e orchestrazione del dato sono le basi – ha detto Fabio Invernizzi –: per abilitare il tutto bisogna superare i vincoli dovuti ad ambienti IT frammentati e a silos. Entra in gioco quindi il concetto dell’integrazione applicativa e dei dati: devo ricorrere alla modernizzazione del middleware. Se sull’entreprise service bus si è molto investito in passato, oggi su piattaforme cloud sono reperibili strumenti più agili e nuovi, in logica di Integration platform as a service (iPaaS)”.

 

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