NEWSLETTER - IL CAFFE' DIGITALE
La necessità di promuovere lo sviluppo di un piano di sanità digitale nazionale

N. Giugno 2021
        

tratto da un intervento di
Roberto Triola,
Responsabile Area Trasformazione Digitale, Farmindustria

 
Intervento effettuato durante la Web Conference del 14 Ottobre 2020 “IL PAESE, LE REGIONI E L’INDUSTRIA ICT DI FRONTE ALLA SFIDA DELLA SANITÀ”, appuntamento del Digital Italy Program 2020

#LaVisioneDeiLeader


 

A lungo ci si è chiesti, all’interno del settore ICT, quale potesse essere la killer application per una definitiva diffusione degli strumenti digitali nella la società italiana, poi il breakthrough è arrivato dall’esterno. La pandemia da Covid-19 ha accelerato la digitalizzazione rendendo evidente il cambio di paradigma anche in sanità: ora ogni euro speso nella digitalizzazione della salute non è più considerato un costo, ma un investimento per la società.

Cosa ci ha insegnato il Covid-19? Che la resilienza del SSN è scattata grazie ad un’accelerazione nell’uso delle tecnologie digitali:

  • Abbiamo usato l’Intelligenza Artificiale per cercare le molecole più utili a contrastare il virus;
  • Abbiamo usato i real world data per affrontare la sfida epidemiologica;
  • Abbiamo applicato il monitoraggio da remoto e le altre tecnologie digitali per dare continuità, anche grazie alla disponibilità e reattività di AIFA, agli studi clinici in corso e per spostare i processi di cura verso la domiciliarità;
  • Laddove il sistema ospedaliero, seppur di eccellenza, non reggeva i numeri dei ricoveri abbiamo iniziato ad investire risorse in servizi di telemedicina. Ora il Teleconsulto è adottato nel 59% delle ASL. La Televisita e il Telemonitoraggio nel 44% delle aziende sanitarie; la Teleassistenza nel 22%.

Cosa dobbiamo continuare a fare?

  • cogliere l’opportunità del MES e del Recovery FUND per nuove progettualità strategiche nella digitalizzazione della sanità italiana;
  • semplificare, con il digitale, i processi di cura, per migliorare la vita dei Pazienti e dei caregiver e per rendere il sistema più efficiente;
  • Costruire le condizioni per la digitalizzazione degli studi e delle sperimentazioni cliniche, con controllo da remoto a beneficio anche dei Pazienti, in un contesto di piena sicurezza;
  • Integrare canale fisico e canale digitale, migliorando la capacità di diagnosi e di presa in cura perché la pandemia ha rallentato le altre prestazioni non covid ed è necessario ridurre i ritardi e non accumularne di altri;
  • Strutturare percorsi efficienti di assistenza digitale domiciliare, per potenziare la medicina del territorio;
  • Investire nell’interoperabilità dei servizi digitali al cittadino come CUP, Cartella Clinica Elettronica e FSE, ancora poco sviluppati e ancora meno usati dai cittadini/pazienti.

Non c’è alcun dubbio che la nuova normalità sarà digitale. L’obiettivo è “connettere” la sanità con il paziente/cittadino, non viceversa. Integrando l’assistenza territoriale e quella ospedaliera, la ricerca con l’innovazione e lo sviluppo farmaceutico.

Ci sarà senz’altro anche un tema regolatorio di cui tener conto, che richiederà l’individuazione di una governance nazionale, oltre che la definizione di adeguate linee guida su innovazioni quali servizi di telemedicina, digital therapeutics e decentralized clinical trials, ambiti in cui l’Italia rischia di rimanere indietro rispetto ai grandi partner europei come UK, Germania e Francia. In questo contesto ciò che si auspica è lo sviluppo di un Piano di sanità digitale nazionale, all’interno del quale uno dei primi progetti a cui dare la priorità nell’allocazione degli investimenti è volto alla creazione di una piattaforma nazionale dei dati di salute, da sviluppare in partnership pubblico-privata. La raccolta dati aumenta, ma a macchia di leopardo e soprattutto solo in ambito amministrativo: manca l’integrazione, perfino in ambito ASL e soprattutto manca una strategia nazionale dei dati di sanità che vada oltre le limitazioni del GDPR in ambito privacy. E manca una piattaforma nazionale dati che tra le altre funzioni potrebbe connettere la medicina del territorio con quella ospedaliera. Un’attività di questo tipo aiuterebbe molto nel creare un sistema sanitario nazionale non solo più resiliente ma soprattutto più veloce nella risposta ad eventuali ulteriori shock.

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