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Che incidenza ha la Pandemia sui contratti in ambito tecnologico?

N.  Giugno 2020
        

a cura di Avv. Valentina Frediani 
General Manager, Colin & Partners

 

Chiedersi se la pandemia possa costituire un motivo di forza maggiore è più che legittimo. Non si può pensare però di ricevere una risposta veloce ed univoca! In particolare sui contratti legati al mondo informatico e tecnologico, di per sé appartenenti alla categoria di contratti cosiddetti atipici (ovvero non espressamente disciplinati dal diritto civile e creati ad hoc dalle parti) occorre valutare vari fattori che possono caratterizzare singole fattispecie.

Premetto che questo articolo non va letto ed utilizzato nell’ottica del “sfrondatura” di Clienti o Fornitori poco graditi: in sostanza l’elemento imprevedibile della Pandemia non può essere funzionale a estinguere rapporti logorati da logiche ben lontane dagli effetti economici ed organizzativi del Covid. Il Codice Civile ribadisce costantemente come la parti debbano impostare le azioni che caratterizzano il rapporto contrattuale secondo un principio di buona fede e prevede quale ipotesi di estinzione contrattuale la cosiddetta impossibilità definitiva contrapposta a quella temporanea disciplinate all’art.1256: l’obbligazione – dispone il legislatore – si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla. Oltre a queste due tipologie abbiamo anche l’ipotesi della impossibilità parziale (vedasi quanto previsto dall’art. 1258 che disciplina l’ipotesi in cui la prestazione sia divenuta impossibile solo in parte, per cui il debitore si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile). Orbene, rispetto alla situazione storica che abbiamo vissuto e che ancora viviamo, dovremo ragionare su quali ipotesi contrattuali possono essere caratterizzate dall’una o dall’altra previsione codicistica. Andiamo pertanto per casi concreti. Pensiamo all’ipotesi in cui il Committente richieda al fornitore di raccogliere dati tramite apposita APP da distribuire all’accesso ad un evento di natura internazionale, nell’ambito di rapporti B2C (Business to Consumer) e l’evento – non tenutosi a Maggio per evidenti motivi – comporti l’impossibilità definitiva dell’esecuzione della prestazione. Appare evidente come l’obbligazione si debba estinguere per una causa direttamente collegata al tema Covid. Altra vicenda: grande Azienda che ad inizio anno ha avviato un progetto di installazione di un apposito applicativo sul parco macchine aziendale, programmando con il Fornitore una serie di attività di installazione avviate a febbraio e da doversi terminare entro la fine di aprile: ebbene, in considerazione della sospensione totale di talune attività tra cui quella dell’azienda Committente, il Fornitore non ha potuto “temporaneamente” finalizzare il progetto e pertanto possiamo stabilire come il debitore non possa essere considerato responsabile del ritardo nell’adempimento ed altrettanto il Committente non possa certo esigere l’estinzione dell’obbligazione potendo temporalmente rinviarla alla ripresa ordinaria delle attività. A tal proposito pare più che calzante una sentenza della Cassazione Civile, datata 8 giugno 2018 (n. 14915) nella quale si stabilisce che qualora il debitore non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti non potrà invocare predetta impossibilità con riferimento ad un ordine o un divieto dell’autorità amministrativa solo qualora lo stesso non fosse ragionevolmente e facilmente prevedibile all’atto dell’assunzione (e direi che in pochi avremmo avuto la certezza di incorrere in questo momento storico …). Un’altra ipotesi che ho avuto modo di analizzare ha riguardato un ordine di pc portatili effettuato da una multinazionale poco dopo l’emanazione del  DPCM dell’11 Marzo 2020, ad un Fornitore per consentire ad una parte dei propri amministrativi di proseguire le attività in smart working: ad un’iniziale accettazione dell’ordine da parte del Fornitore, ha seguito dopo pochi giorni la comunicazione che dalla Cina la merce risultava bloccata per problematiche connesse alle consegne internazionali. Essendo fondamentale per l’azienda Committente porre nella disponibilità dei propri dipendenti gli strumenti per consentire loro di lavorare da remoto, l’epilogo è stato inevitabile.

Abbiamo fin qui trattato ipotesi relative a rapporti sorti in prossimità o durante lo stato pandemico. Ma cosa può succedere ai contratti per i quali sono previste esecuzioni di natura continuata o periodica, definiti dall’art. 1467 del Codice Civile, contratti con prestazioni corrispettive?

Il legislatore stabilisce che qualora la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto salvo che la sopravvenuta onerosità rientri nell’alea normale del contratto. E sempre lo stesso articolo stabilisce che la parte contro la quale è domandata la risoluzione possa evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto: si pensi all’Azienda che ha attivo un contratto pluriennale con un Fornitore di servizi di assistenza e manutenzione ai sistemi informativi. A seguito degli eventi, la forte riduzione della produzione e la necessità di riorganizzazione delle risorse, ha imposto la necessità di rivalutare il rapporto in essere. Pur invocando l’art. 1467, le parti hanno concordato per un “ridimensionamento” del servizio andando a modificare i termini originari e ripartendo alcune attività oggetto del contratto tra la gestione a carico del Fornitore ed il rientro nelle competenze attuative del personale dipendente dell’azienda.

In questo contributo editoriale non possiamo che citare solo casi in “itinere” in quanto per i contenziosi dovremo attendere! Ma il miglior consiglio legale è valutare in modo “trasparente” quegli accordi che rispetto alle mutate vicende possono non essere più gestibili nei termini originari e invocare la straordinarietà del Covid per poter motivare una risoluzione per forza maggiore o modifica dei contenuti. Essenziale che la parte che intenda invocare uno degli istituti previsti dal Codice Civile lo faccia senza ritardo tale da pregiudicare interessi ed investimenti della controparte rischiando altrimenti di dover comunque pagare dei danni.

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