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Il passaggio al cloud, fra vantaggi concreti e residue paure

 

Questo mese abbiamo fatto colazione con: Angelo Ruggiero, CIO di Unilever

Il percorso di migrazione al cloud riguarda, in un modo o nell’altro, la maggioranza delle aziende oggi. Modalità e scelte, tuttavia, dipendono da numerosi fattori e devono necessariamente tener conto della storia di ogni realtà, dello sviluppo tecnologico seguito nel tempo, della tipologia di processi e dati coinvolti e del mindset complessivo dell’organizzazione.

Unilever è una grande multinazionale, che opera nei mercati Nutrition and Ice Cream, Home Care, Beauty & Wellbeing and Personal Care, raggiungendo oltre 190 paesi con più di 400 brand. Fra questi, troviamo Algida, Calvé, Dove, Grom, Knorr, Mentadent e Svelto. Se nel mondo l’azienda impiega circa 149mila dipendenti, l’Italia ha comunque una dimensione rilevante in rapporto allo scenario locale, con 3.500 persone impiegate e molte attività coordinate o gestite sul territorio.

Per capire le dinamiche dell’evoluzione tecnologica e il rapporto fra scelte corporate e autonomia locale, abbiamo incontrato Angelo Ruggiero, CIO di Unilever.

Qual è oggi il vostro rapporto con il cloud e quali esigenze si celano dietro le scelte fin qui effettuate?

Veniamo da un anno, a livello corporate, che ha sancito la definitiva migrazione, dapprima con le applicazioni più piccole e poi con quelle core, a partire dal gestionale. Tra i motivi che hanno convinto al passaggio, troviamo la possibilità di disporre di aggiornamenti automatici puntuali, con ovvie ricadute sulla cybersecurity, i costi e la sostenibilità, potendo progressivamente dismettere i due data center che prima agivano in parallelo. Il prossimo passo sarà probabilmente in direzione dell’edge computing, poiché l’IoT sta prendendo piede nelle fabbriche grazie ai tempi di latenza molto bassi. L’input arriva direttamente dal mondo della produzione, dove il cloud viene ancora percepito come possibile fonte di interruzione del servizio. Dal punto di vista It, vantaggi rilevanti si sono registrati con il disaster recovery, oggi fruito in gran parte as-a-service con relativo sgravio di oneri per noi, e con lo storage, per ragioni di spazio occupato e flessibilità di gestione delle capacità.

Come avviene il processo decisionale all’interno di una multinazionale come la vostra?

La scelta dei fornitori e dei provider viene gestita a livello corporate e non ci sono margini per agire localmente. La scelta centrale si è orientata verso il cloud pubblico, ma è allo studio la possibilità di dotarsi anche di cloud privato per alcune tipologie di applicazioni e dati. Come già indicato, gran parte dell’azienda è ormai migrata, mentre la produzione progredirà in direzione dell’edge computing per ragioni di opportunità e di business. In generale, riteniamo che il cloud vada interpretato soprattutto come una soluzione, in grado di alleggerire

Quali sono le principali preoccupazioni che avete sul fronte della sicurezza?

Poniamo un’attenzione estrema su tutto quanto si può ricondurre alle classiche minacce esterne, ma monitoriamo con precisione anche quanto accade sulla rete, per poter rilevare attività anomale anche attribuibili a specifici utenti, in modo da poter intervenire e verificare con tempestività l’accaduto. Esiste anche un crisi scorporate team, del quale faccio parte anch’io, che si riunisce periodicamente per esaminare situazioni di potenziale pericolo di vario genere (disastri naturali, ma anche guerre o altro), che possono avere ripercussioni sui nostri siti.

Come sta evolvendo il mindset aziendale alla luce della trasformazione dei processi e dei metodi di lavoro?

Gli utenti hanno capito che tutto sta andando in cloud e questo porta con sé magari anche qualche rischio, ma soprattutto benefici talvolta tangibili e talaltra senza comunque impatto sull’operatività. Dal nostro punto di vista, poniamo molta attenzione sull’adattamento del comportamento in funzione della minimizzazione dei rischi. Ogni volta che si accende un pc, compare una maschera che ricorda i principi fondamentali da rispettare, arrivano messaggi che ricordano gli aggiornamenti frequenti da effettuare e poi si fanno anche campagne simulate di attacco. Qui si gioca la vera partita della digitalizzazione oggi e nel tempo a venire.

 

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