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Green Pass e aspetti privacy: facciamo il punto

N.  Ottobre 2021
        

a cura di Avv. Valentina Frediani 
General Manager, Colin & Partners

 

Tra gli strumenti ufficiali introdotti per fronteggiare l’emergenza Covid-19, uno dei più discussi è senza dubbio il Green Pass. Come noto, si tratta di una certificazione indispensabile per viaggiare, prendere parte ad eventi o spostarsi fuori e dentro ai confini nazionali, in grado di dimostrare l’avvenuta vaccinazione, piuttosto che l’effettiva guarigione o il risultato negativo del test molecolare.

Dal 15 ottobre sarà inoltre richiesto per l’accesso ai luoghi di lavoro nei settori pubblico e privato. La disposizione si applica anche a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato presso le amministrazioni (o i luoghi di lavoro privato) anche sulla base di contratti esterni (come ad esempio i fornitori).

Restano esclusi da tale obbligo i soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute (ad oggi valide fino al 30/09).

Inevitabili, e comprensibili, le preoccupazioni dei datori di lavoro ai quali spetta comprendere come applicare tale controllo soprattutto nel rispetto della tutela della privacy dei lavoratori. In assenza di indicazioni (ad oggi) da parte della nostra Autorità Garante per la protezione dei dati personali, molti sono i dubbi di natura pratica.

I datori di lavoro devono definire, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, che potranno essere a campione anche dopo l’ingresso. Oppure, ove possibile, realizzate al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro. I soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi andranno individuati con atto formale.

Al momento lo strumento autorizzato per la verifica del Green Pass è la app VerificaC-19 che «che consente unicamente di controllare l’autenticità, la validità e l’integrità della certificazione, e di conoscere le generalità dell’intestatario, senza rendere visibili le informazioni che ne hanno determinato l’emissione».

In caso di mancato possesso del Green Pass per il lavoratore della PA si configurerà l’assenza ingiustificata. Nel settore privato accadrà la stessa cosa ma, nelle imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata il datore di lavoro potrà sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il già menzionato termine del 31 dicembre 2021.

Quali implicazioni sul fronte privacy?

Assunto che l’attività di verifica delle certificazioni non comporta, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario in qualunque forma, come già accennato, purtroppo, mancano FAQ o Linee guida da parte del Garante. Tuttavia, alcuni adempimenti sono uno schema di base da cui partire.

Ecco gli adempimenti fondamentali di cui occuparsi:

  • Informativa: da consegnare prima della verifica (anche via e-mail) e da affiggere presso il luogo della verifica;
  • Scheda registro delle attività di trattamento: aggiornare il documento aggiungendo il trattamento descritto;
  • Autorizzazione al trattamento: da allegare alla delega per i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione;
  • Piano data retention: stabilire per quanto tempo conservare i dati connessi alla sospensione della prestazione lavorativa

In attesa delle probabili novità e chiarimenti operativi, offriamo alcuni spunti di carattere pratico che possono rispondere ai quesiti più comuni. Non è possibile chiedere copia del Green Pass; non è ammesso creare un registro con la data di scadenza del Green Pass dei dipendenti. Non è consentito fare una lista dei dipendenti vaccinati o di chi è esente da vaccinazione. Questo neppure chiedendo un consenso preventivo agli interessati.

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