Cavi sottomarini: un asset strategico per la competitività e la sicurezza europee
Il Caffè Digitale


Un recente rapporto della Commissione Europea mette l’accento sul ruolo strategico dei cavi sottomarini nel dibattito più generale dell’indipendenza e della sicurezza digitale del Continente. Se le competenze tecniche esistono, mancano hyperscaler europei che trainino la crescita ed emergono dipendenze da componenti non-UE.
Negli ultimi dieci anni l’industria dei cavi sottomarini ha affrontato una trasformazione significativa. A guidarla non sono stati però tanto gli operatori tradizionali delle telecomunicazioni, ma piuttosto i grandi hyperscaler statunitensi, il cui bisogno di collegare data center e cloud region su scala globale ha spinto in modo importante la crescita della capacità dei cavi. Basti pensare che, se nel complesso la capacità dei cavi che connettono l’Unione Europea al resto del mondo è passata da 318 Tbit/s nel 2010 a 3.755 Tbit/s nel 2024, oggi gli hyperscaler rappresentano il 71% di questa capacità internazionale, contro il 10% controllato solo dieci anni prima.
A riguardo, per meglio comprendere e approfondire le dinamiche relative all’infrastruttura europea dei cavi sottomarini, dei suoi rischi e della sua resilienza, recentemente la Commissione Europea ha pubblicato un rapporto sul tema, di cui di seguito vengono ripresi alcuni spunti, dati e riflessioni.
La geografia della connettività sottomarina si trasforma
Sulla rotta che collega Stati Uniti ed Europa gli hyperscaler detengono ormai buona parte della capacità dei cavi sottomarini. La corsa a interconnettere data center e cloud region su entrambe le sponde dell’Atlantico ha fatto in modo che la presenza di questi player diventasse dominante, mentre il contributo europeo, e in particolare delle aziende tradizionali di telecomunicazioni, diventava marginale. D’altra parte, attualmente non esiste in Europa un hyperscaler “nativo” paragonabile per dimensione a realtà come Amazon, Meta, AWS o Google, e gli operatori telco nazionali non generano volumi di traffico tali da giustificare l’investimento in nuovi sistemi transcontinentali. Anche al di fuori dell’asse UE – USA, lo scenario sta rapidamente evolvendo: benché attualmente nell’area del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano la capacità controllata dagli hyperscaler sia ancora limitata, anche a fronte di un’infrastruttura cloud regionale meno sviluppata e di investimenti ancora lenti nell’area, tre nuovi cavi ad alta capacità – il Blue-Raman, l’India-Europe-Xpress (IEX) e il SEA-ME-WE 6 (South East Asia-Middle East-West Europe 6, o SMW6) – supporteranno gli hyperscaler nell’accesso anche a queste rotte emergenti.
Cresce la dipendenza europea dagli hyperscaler
Circa il 97–98% del traffico Internet globale passa oggi attraverso cavi sottomarini, che emergono come un’infrastruttura critica per le economie digitalmente più avanzate. La crescente dipendenza dell’Europa da risorse non-UE – in particolare dagli hyperscaler americani – assume anche una valenza una questione strategica. Gli hyperscaler controllano infatti già il 90% della capacità complessiva dei cavi sulla rotta USA–Europa e hanno quote in crescita sulle rotte Europa–Africa e Europa–Asia. Se queste tendenze continueranno, gli Stati membri diventeranno ancora più dipendenti da attori extraeuropei per i collegamenti verso Nord America, Asia e Africa, con implicazioni dirette per la sicurezza e l’indipendenza dell’UE.
Cavi nuovi e vecchi: un cambio generazionale
Un cavo sottomarino ha in genere una vita utile di 25 anni, ma il vero limite non è solo tecnico, ma economico: l’arrivo di nuove generazioni di cavi a capacità molto più elevata rende infatti spesso antieconomica la gestione delle vecchie infrastrutture. Basti pensare che, tra i cavi oggi a disposizione, i 33 più recenti forniscono il 74% della capacità totale verso l’Unione Europea, mentre gli 89 più vecchi contribuiscono solo per il 2%; senza contare che questi ultimi trasportano soprattutto traffico pubblico e sono utilizzati dagli operatori di telecomunicazioni, mentre molti cavi di nuova generazione sono di proprietà degli hyperscaler e sono pensati per uso privato. Questo significa che, man mano che i cavi tradizionali si avvicineranno al fine vita, gli operatori telco europei dovranno acquistare capacità dai nuovi sistemi, spesso controllati da attori privati stranieri.
Il nodo critico della manutenzione
Anche la pressione sulla capacità di manutenzione e riparazione sta aumentando. Questo è dovuto soprattutto all’invecchiamento della flotta dedicata a queste attività, all’aumento della lunghezza totale dei cavi installati dagli hyperscaler che assorbe risorse crescenti, la conversione di navi di riparazione in navi di installazione, per far fronte al boom nella richiesta di nuovi sviluppi, e la possibilità che gli hyperscaler sviluppino flotte di riparazione proprie, alterando ulteriormente gli equilibri di mercato. D’altra parte, in quest’ambito anche l’Unione Europea possiede competenze industriali importanti: ad esempio, la francese Alcatel Submarine Networks (ASN) è una delle principali aziende attive nell’installazione e manutenzione dei cavi, insieme alla giapponese NEC, alla cinese HMN Technologies Co. e all’americana SubCom. Tuttavia, la catena del valore europea resta vulnerabile, soprattutto per quello che riguarda la dipendenza da fornitori non europei per componenti critici come i microchip, con le necessarie partnership con colossi asiatici come TSMC (Taiwan) o Samsung (Corea del Sud) e con aziende statunitensi, e della fragilità rispetto a scenari geopolitici in evoluzione.
Una vulnerabilità strategica da affrontare
La fotografia complessiva mostra un’Europa ben posizionata dal punto di vista di competenze tecniche, ma più debole per quello che riguarda l’indipendenza e la sovranità tecnologica. La crescente capacità dei cavi controllata da attori non-UE – soprattutto gli hyperscaler americani – e la dipendenza da componenti non europei espongono infatti l’Unione Europea a rischi. Per rafforzare la propria sovranità digitale, l’Europa dovrà pertanto aumentare gli investimenti in cavi sottomarini di nuova generazione, sostenendo gli operatori europei e i data center regionali, sviluppare una filiera più autonoma per i componenti critici, e garantire capacità di manutenzione e riparazione resilienti. In un’economia sempre più basata sulla connettività globale, i cavi sottomarini non sono infatti più solamente un’infrastruttura “tecnica”, ma diventano un asset strategico per la competitività e la sicurezza del Vecchio Continente.

