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Cambio di rotta: è il Business il driver della Digital Transformation

INTERVISTA di Elena Vaciago, Associate Research Manager, The Innovation Group a Dario Pagani – Executive Vice President & CIO presso Eni

Pagani

Qual è la sua visione con riferimento alle opportunità offerte dalla Digital Transformation?
Partiamo oggi dall’assunto che occorre una semplificazione dell’architettura applicativa in coerenza con la nuova organizzazione che si è data il gruppo: abbiamo molti processi di consolidamento e razionalizzazione in corso, e proseguiamo, nell’ottica del continuous improvement, alla ricerca di semplificazione per fornire un servizio ottimale al business. Abbiamo poi un data center, per cui ci prefiggiamo un obiettivo di piena valorizzazione, centralizzando in Italia i servizi IT e la Business Continuity anche per altre country mondiali. Detto questo, l’obiettivo deve essere oggi quello di puntare ad una trasformazione in chiave digitale di ogni ambito del business, sia per le attività tipicamente di supporto ma soprattutto per quelle core (come ad esempio le attività del business upstream, mercato retail e tutto il mondo industriale). L’importante è avere una visione di Digital Transformation! La vera novità è il cambio di rotta per cui il business è al centro del cambiamento, e si fa promotore della Digital Transformation con il pieno allineamento e supporto della funzione ICT.

In questo scenario qual è oggi il compito dell’IT?
Dal momento che la tecnologia oggi non rappresenta un vincolo ma un’opportunità, l’IT può finalmente essere propositiva, ma soprattutto deve lavorare insieme al business e permearne il più possibile tutte le attività. La funzione IT si è dotata di tutte le competenze tecnologiche e di processo che le permettono di essere veramente una componente strategica a supporto della trasformazione e della competitività delle imprese.

Dove l’IT può ancora migliorare nel rapporto con il business e come sta cambiando il suo modo di lavorare?
In alcuni casi, quello che è da migliorare è il “trust” dell’IT – soprattutto dove il business, in mancanza di un supporto fattivo e rapido, si è rivolto all’esterno. Per ottenere questo risultato l’IT non deve funzionare solo come macchina technology oriented ma deve giocare un ruolo di primo piano lungo la frontiera delle strategie del business. Come accennavo prima, nel nostro caso questo significa non solo fornire servizi che sono percepiti oramai come una commodity ma anche della digitalizzazione, ad es. introducendo soluzioni che abilitino l’evoluzione digitale dei processi industriali o sperimentando innovazioni, come sistemi wearable che possano risolvono aspetti di sicurezza sul lavoro.
Il fatto di avere una squadra molto coesa, frutto di crescita interna, agevola il trust e un allineamento totale con il business. Inoltre puntiamo ad incentivare meccanismi per lo sviluppo di nuove idee e lavoriamo con logiche da start up innovative. Abbiamo anche un approccio di Bimodal IT: da un lato, un gruppo gestisce le IT Operation con un modello industriale, cogliendo obiettivi di efficienza e di continuous improvement dei servizi, dall’altro lato, un team che si occupa di progetti di sviluppo in area Digital con logiche “trial & error”. Questo ci consente di essere rapidi in fase di start up di nuove iniziative di businees e, solo nel caso si rivelino un successo (come è stato ad esempio con il servizio Eni di car sharing Enjoy), di riportarle nell’alveo del modello industriale dei servizi ICT, anche per rispondere ad aspetti di sicurezza..

Quali sono le opportunità che vedete in tema di Big Data Analytics?
Già da tempo ENI utilizza il sistemi di High Performance Computing per l’analisi di grandi volumi di dati, a supporto del core business, per l’esplorazione e la simulazione dei giacimenti. Con le nuove tecnologie diventa più facile implementare complessi modelli matematici, in quanto le capacità di calcolo oggi disponibili permettono misurazioni e simulazioni in tempi molto più rapidi. Nuovi ambiti potrebbero essere quelli relativi al mondo industriale e agli SCADA, dove deve esserci la capacità di analizzare grandi moli di dati. Tutto questo richiede però sempre un elemento critico: il fattore umano. Sono gli esperti, i Data Scientist, che devono trasformare le logiche preesistenti e riadattarle ai nuovi ambienti di calcolo per poterne sfruttare le potenzialità. E’ un processo che avverrà in modo graduale nel tempo in quanto anche in questo caso la tecnologia é un fattore abilitante ma non l’unico.

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